Nei campi per sfollati nel nord-est della Siria la situazione sta diventando sempre più critica. Almeno 12.756 casi e 432 decessi sono stati riportati nella Siria nord-orientale dall’inizio dell’epidemia di Covid-19 più di un anno fa, con oltre 1.400 casi e 53 decessi nell’ultima settimana. Lo afferma Save the Children, che chiede “ai governi internazionali di intensificare i loro sforzi e rispettare i loro obblighi nel rimpatriare i bambini stranieri e proteggerli dalle crudeli condizioni in cui si trovano”. Le cifre sono emerse dopo che le autorità hanno sottoposto l’intera regione a un rigoroso lockdown di 10 giorni, con le persone autorizzate a uscire dalle proprie abitazioni solo per le questioni essenziali. Oltre alla diffusione del virus nei campi, che sono sovraffollati e privi di strutture igienico-sanitarie adeguate, Save the Children è preoccupata per l’impatto del blocco, che coincide con l’inizio del Ramadan. Molti dei servizi gestiti dall’Organizzazione sono stati sospesi. Nel campo di Roj sono stati segnalati 28 nuovi casi tra gli abitanti stranieri dall’inizio di aprile. Quindici casi sono stati segnalati nel campo di Areesha e altri tre nel campo di Al Hol. Data la mancanza di strutture disponibili per fare i test nei campi, il numero reale potrebbe essere molto più alto, avverte Save the Children. La maggior parte dei casi segnalati di recente sono tra madri, alcune delle quali sono state trasferite in strutture di isolamento. Almeno 12.756 casi e 432 decessi sono stati riportati nella Siria nord-orientale dall’inizio dell’epidemia di Covid-19 più di un anno fa, con oltre 1.400 casi e 53 decessi nell’ultima settimana. “Queste nuove cifre sono incredibilmente preoccupanti. Se questa impennata continua, sarà solo una questione di tempo prima che gli ospedali e le strutture di isolamento, che hanno già una capacità molto limitata, vengano sopraffatti. Siamo particolarmente preoccupati per l’impatto che quest’ultimo aumento avrà sui più piccoli. A causa del coprifuoco, è meno probabile che siano in grado di accedere a servizi e strutture mediche, con ripercussioni sulla loro salute, istruzione e benessere mentale. Questa crisi è peggiorata molto dalla chiusura del valico di frontiera di Al Yarubiyah lo scorso anno, tagliando le forniture vitali, comprese medicine e cibo, alle persone più vulnerabili, tra cui i bambini. Non vi è alcuna giustificazione per impedire che i rifornimenti salvavita raggiungano le persone bisognose, in particolare durante una pandemia globale” ha dichiarato Sonia Khush, direttrice della risposta di Save the Children in Siria.