Una maratona in bici all’insegna della pace tra le diverse comunità. Circa 40, tra donne e ragazze curde, arabe, yazide, cristiane, musulmane, lo scorso 12 aprile, hanno pedalato dentro Mosul, città simbolo di violenza e devastazione durante gli anni dell’occupazione (2014-2017) dello Stato Islamico che l’aveva eretta a sua capitale. Il terrore di quegli anni sembra ormai solo un brutto ricordo di fronte agli sguardi sorridenti delle ragazze che hanno aderito alla “Women’s Challenge Marathon”. Strette nelle loro maglie rosa, caschetto in testa, hanno percorso il tratto di strada che va dalla moschea di Al Nouri – dove il califfo Al Baghdadi, il 29 giugno 2014, proclamò la nascita dello Stato Islamico – fino al centro antico della città, attraversandone le zone distrutte e bombardate, con case, chiese, moschee ancora in attesa di essere riedificate.
Riparte la vita. “È stato un modo per riappropriarsi della loro città”, spiega al Sir Mohamed Ambrisini, project manager di Upp (Un ponte per) in Iraq, l’ong che ha promosso l’evento assieme ad altre agenzie umanitarie e in stretto accordo con le autorità cittadine e il Governatorato locale.
“Mosul oggi è diventata il loro teatro, qui sta ripartendo la vita, qui stiamo intervenendo a loro fianco. Il sorriso delle partecipanti ha preso il posto del terrore di Daesh che sembra ormai solo un brutto ricordo. Ma non dobbiamo abbassare la guardia”,
avverte il project manager di Upp. Anche per questo motivo la Women’s Challenge Marathon “non è una iniziativa isolata ma rientra in un quadro più ampio di progetti di coesione sociale messi in campo da Upp in sinergia anche con il Nineveh Peace Forum, una coalizione di organizzazioni della società civile locale”. “Ci muoviamo affinché le donne scelgano di uscire dal silenzio e dal buio in cui erano relegate durante la dominazione dell’Isis e riprendano in mano la loro vita, diventando protagoniste attive della società irachena. Si tratta – aggiunge Ambrisini – di un lavoro che vuole cambiare il modo in cui le persone guardano alle donne, anche sopravvissute. Un vero e proprio cambio di narrativa. Ecco perché è stato importante mettere insieme donne curde, arabe, yazide, cristiane, musulmane. Le donne giocano un ruolo fondamentale nella costruzione della pace. Il loro messaggio è chiaro: ‘Noi ci siamo e siamo pronte a dare il nostro contributo fattivo e di idee alla ricostruzione del nostro Paese e della nostra società’”.
“Non più vittime ma protagoniste”.
A fianco delle donne. “Siamo testimoni da 30 anni di quanto le donne abbiano un ruolo da protagoniste nei processi di riconciliazione nei Paesi colpiti da conflitti. Supportarle è da sempre uno dei nostri obiettivi, specialmente in Iraq”, affermano da Upp che in Iraq ha aumentato i suoi servizi di contrasto e prevenzione alla violenza contro le donne. I casi di violenza, anche domestica, sono in crescita a causa dei lockdown e della reclusione forzata provocati dalla pandemia da Covid-19. “Violenze – denuncia l’ong – perpetrate sulla pelle di donne che hanno perso casa, familiari, che sono state sfollate, che hanno già resistito al terrore di Daesh. Sono esauste e in moltissimi casi soffrono di patologie post-traumatiche”. Per questo Upp interverrà a Mosul per sostenere il Sistema sanitario nazionale nel fornire supporto psicosociale e servizi di salute (materna e infantile) alle donne che sono tornate nel governatorato di Ninive. Nei prossimi 6 mesi è prevista la fornitura di servizi salvavita, diversificati in base all’età, per donne e ragazze sopravvissute alla violenza nel distretto di Mosul; servizi contro la violenza di genere, aiutando le persone ma anche le comunità più vulnerabili e colpite dalle violenze; sessioni di sensibilizzazione, prevenzione e risposta alla violenza di genere, individuali e di gruppo, che culmineranno in 5 grandi eventi sul tema.
Tra tutte le attività e i servizi, nel complesso, verranno raggiunte più di 4.000 persone. Per la cronaca la Women’s Challenge Marathon ha visto premiate tutte le partecipanti, con un primo posto ex aequo.