Un accordo tra Stati Uniti e Brasile per la protezione dell’Amazzonia, “negoziato rapidamente e con scarsa trasparenza, potrebbe provocare un effetto contrario all’intenzione annunciata”. Lo denuncia, al Sir, padre Dario Bossi, provinciale dei comboniani in Brasile, impegnato nella Rete ecclesiale panamazzonica, anticipando così alcuni dei contenuti di un documento che verrà presentato il 15 aprile, in due webinar che si terranno da Washington e da Brasilia, da vari organismi, tra cui la stessa Repam e la Coica, la massima organizzazione dei popoli indigeni dell’Amazzonia.
C’è preoccupazione, infatti, nel mondo delle organizzazioni sociali e ed ecclesiali che operano in difesa dell’Amazzonia, per un possibile accordo tra l’Amministrazione Biden e il Governo Bolsonaro, che potrebbe essere annunciato il prossimo 22 aprile in occasione del Vertice sul clima che vedrà Biden, impegnato a voltare pagina rispetto a Trump proprio su questi temi, riunirsi virtualmente con altri 40 leader. Il vertice sarebbe l’occasione propizia per annunciare l’accordo.
Spiega padre Bossi: “Offrendo una veste verde a investimenti e iniziative in Amazzonia che non sono ancora chiare nelle loro garanzie di rispetto dei diritti dei popoli e della natura, l’accordo finirebbe per essere celebrato in un momento estremamente critico dal Governo brasiliano. Tutto questo potrebbe essere come interpretato come un meccanismo per legittimare e finanziare l’agenda di distruzione dell’Amazzonia, che nel frattempo avanza nel Congresso nazionale brasiliano”.
Tanto più che le trattative di queste settimane sono andate avanti in modo riservato e poco trasparente “Ci sono proposte di modifiche legislative in corso al Congresso nazionale – spiega padre Bossi – che rappresentano una grande minaccia per l’interesse collettivo, la salute e l’economia del Brasile, come la legalizzazione del land grabbing, l’indebolimento delle licenze ambientali, il tentativo di aprire i territori indigeni alle attività minerarie e altre attività economiche, la possibilità di aumentare il rilascio di pesticidi. In sostanza, in questo modo verrebbero legalizzate attività finora illegali”. Il timore della Repam e delle organizzazioni indigene è, dunque, quello che il possibile accordo rappresenti una sorta di “foglia di fico” rispetto a quanto sta accadendo. Nel corso del webinar a Washington interverrà, tra gli altri, il card. Pedro Barreto Jimeno, presidente della Repam. E la premessa a qualsiasi ipotesi di accordo, conclude padre Bossi, “è che le popolazioni amazzoniche devono essere consultate”. Tra le possibili proposte, “un’autentica cooperazione internazionale a favore dell’Amazzonia”.