Bentornato Ben Affleck! L’attore hollywoodiano premio Oscar per “Argo” e “Will Hunting. Genio ribelle” brilla in un ruolo drammatico dove personaggio e attore si incontrano. È “Tornare a vincere” (“The Way Back”) di Gavin O’Connor da inizio aprile su Now-Sky Cinema: quando il riscatto dall’alcolismo passa dallo sport e dalla condivisione. Nel “punto streaming” della Commissione nazionale valutazione film Cei (Cnvf.it) e dell’agenzia Sir questa settimana si parla anche di: “Genitori vs influencer”, commedia italiana firmata dall’attrice Michela Andreozzi con Fabio Volo e Giulia De Lellis (Now-Sky Cinema); dall’Inghilterra arriva su TimVision la miniserie “Quiz” diretta dal regista Stephen Frears; infine gli eroi della DC Comics tornano in “Zack Snyder’s Justice League”, versione reloaded del kolossal del 2017 (Now e altre piattaforme).
“Tornare a vincere” (Now-Sky Cinema)
La bella sorpresa di inizio aprile è il dramma sportivo-esistenziale “Tornare a vincere” (“The Way Back”, 2020) di Gavin O’Connor che vede protagonista Ben Affleck, noto attore, sceneggiatore e produttore statunitense vincitore dell’Oscar per la miglior sceneggiatura nel 1998 con il collega Matt Damon per “Will Hunting. Genio ribelle” e ottenendo nel 2013 l’Oscar per il miglior film con “Argo”. Nel mezzo tanti riusciti ruoli come interprete tra cui “The Company Men” (2010) di John Wells, “To the Wonder” (2012) di Terrence Malick e “L’amore bugiardo. Gone Girl” (2014) di David Fincher, senza dimenticare il suo Batman nella trilogia di Zack Snyder. Nonostante la piena vita professionale come pure personale – è stato sposato per oltre un decennio con l’attrice Jennifer Garner e padre di tre figli –, Ben Affleck non ha nascosto mai la sua lotta all’alcolismo, problema che ha rischiato di farlo deragliare più volte. E questa sua fragilità l’ha messa in racconto nell’avvincente dramma “Tornare a vincere”, che tratta di un ex promessa del basket statunitense Jack Cunningham (Affleck) ormai quasi cinquantenne che vive in maniera modesta, lavorando come operaio nei cantieri e separato dalla moglie, totalmente dipendente dalla bottiglia. Jack si alza al mattino e beve, durante la giornata è un continuo ricorre alla bottiglia, fino a sfinirsi di alcol la sera sul divano di casa senza più voglia di vivere. Per lui non sembra esserci domani, i colori all’orizzonte sono tutti della gamma del grigio. Un giorno riceve l’inaspettata chiamata di padre Edward (John Aylward), preside del liceo dove lui si è affermato come campione: padre Edward gli offre la panchina della squadra maschile, di allenare il team di basket della scuola. Dopo qualche esitazione Jack si lancia in questa impresa, provando così a domare i suoi demoni interiori…
Il racconto, un dramma sportivo a carattere esistenziale, si inserisce anche nel binario del film educational mettendo a fuoco il valore formativo dello sport, capace aprire orizzonti di riscatto per giovani di talento come pure terreno fecondo per edificare relazioni di amicizia e solidarietà. I toni non sono affatto edulcorati, mielosi, anzi, il film non ci consegna facili soluzioni, né per i ragazzi né per l’allenatore Jack. “Tornare a vincere” ci accompagna in verità nelle secche della sofferenza, invitandoci a scandagliare quali siano le cause del deragliamento di una persona, come si possa (ri)tornare a vita nuova, a rimettersi in partita e sognare sì la vittoria. E il primo passo è quello che porta al “Noi”, che permette all’“Io” di uscire dal suo isolamento asfittico, dalla sua silenziosa sofferenza, per aprirsi a una sincera richiesta di aiuto.
Se il film presenta alcune incertezze o può sembrare in determinati passaggi un po’ sovraccarico, ad ancorarlo saldamente sul binario giusto, con spessore e densità, è proprio l’interpretazione di Ben Affleck così intensa, vera, struggente. Affleck fa sconfinare il personaggio di Jack nella propria vita, caricandolo di pathos e regalando non poca commozione. Applausi per Ben! Dal punto di vista pastorale “Tornare a vincere” è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
“Genitori vs Influencer” (Sky Cinema-Now)
Alla sua terza regia dopo “Nove lune e mezza” (2017) e “Brave ragazze” (2019), l’attrice romana Michela Andreozzi con la commedia “Genitori vs influencer” mette a tema il vorticoso rapporto genitori-figli in età adolescenziale, complicato da device e social media. La storia: Paolo (Fabio Volo) è un padre vedovo che insegna Lettere nello stesso liceo dove va a scuola la figlia Simone (Ginevra Francesconi). I rapporti tra i due sono sempre stati di grande intesa e dialogo, finché non è arrivato il telefonino a dividerli; in più la ragazza sogna la professione da influencer seguendo le orme della diva social Ele-O-Nora (Giulia De Lellis)… L’andamento del film è simpatico e scorrevole, riconoscendo alla Andreozzi una cifra narrativa fresca e coinvolgente. I temi ci sono, attuali e di richiamo, come pure alcuni dialoghi risultano riusciti; la cosa che non torna però è la compattezza del racconto, spesso stiracchiato oppure risolto in situazioni stereotipate, tra semplicità e furbizia. Bene dunque l’idea, che si traduce però in un divertimento un po’ impalpabile, senza troppa sostanza. Dal punto di vista pastorale il film “Genitori vs influencer” è consigliabile-semplice, segnato da superficialità.
“Quiz” (TimVision)
Non sbaglia un colpo il regista inglese Stephen Frears, autore di grandi ritratti del Regno Unito come “The Queen” (2006) e “Philomena” (2013). Nel 2020 ha diretto la miniserie evento “Quiz” raccontando la nascita del popolarissimo game show “Who Wants to Be a Millionaire?” sulla rete ITV, richiamando nello specifico il caso mediatico-giudiziario dei coniugi Ingram. In breve: Charles Ingram (Matthew Macfadyen, noto volto della serie “Succession”) spinto dalla moglie Diana (Sian Clifford) partecipa nel 2001 al celebre quiz Tv condotto Chris Tarrant (Michael Sheen) e sbanca il jackpot da un milione di sterline. Dopo la gloria la doccia fredda: i produttori ricorrono in giudizio con l’accusa di frode, sostenendo che ci fosse un aiuto tra il pubblico. Si apre così una dura battaglia legale i cui riverberi si fanno sentire ancora oggi.
Frears con grande padronanza gestisce il racconto unendo le leve del giallo a quelle della commedia satirica, componendo un affresco della società inglese preda della febbre del gioco, che sembra essere l’unico modo per mettere in moto l’ascensore sociale. L’autore mantiene elevata la tensione narrativa e nello specifico il mistero sui suoi personaggi, che si sottraggono alla facile polarizzazione buoni-cattivi. Da lodare di certo le interpretazioni dei citati Macfadyen e Sheen come pure di Helen McCrory. Dal punto di vista pastorale la miniserie “Quiz” è consigliabile, problematica e adatta per dibattiti.
“Zack Snyder’s Justice League” (Now e altre piattaforme)
La trilogia sui supereroi dei fumetti DC Comics firmata da Zack Snyder si doveva chiudere nel 2017 con “Justice League”, dopo i due titoli “L’uomo d’acciaio” (2013) e “Batman v Superman: Dawn of Justice” (2016). Nel 2017 però Snyder è uscito dal progetto per motivi personali, lasciando il timone a Joss Whedon; il risultato di “Justice League” è stato incerto e gli incassi fiacchi. A distanza di pochi anni la Warner Bros ha dato semaforo verde a Snyder permettendogli di rimontare e rigirare alcune sequenze del kolossal. E da fine marzo 2021 è disponibile in streaming “Zack Snyder’s Justice League”, racconto dei supereroi Batman, Superman, Wonder Woman, Aquaman, Flash e Cyborg impegnati nel salvare il pianeta. A ben vedere un racconto più fosco, dark, che conquista nonostante la robusta durata (circa 240 minuti), resa agile però dalla divisione in capitoli. La narrazione ha indubbio ritmo e al di là dell’eccesso di effetti speciali (siamo dalle parti di “The Avengers” per intenderci), colpisce il lavoro introspettivo sui supereroi, tutto giocato sui toni drammatici. Dal punto di vista pastorale, “Zack Snyder’s Justice League” è consigliabile, problematico e adatto per un pubblico adulto o di adolescenti accompagnati.