Campanello d’allarme, l’ennesimo, dal Consiglio d’Europa per le “erosioni” subite dal pluralismo dei media e dalla libertà di espressione in Ungheria. A suonarlo questa volta il Memorandum pubblicato oggi dalla commissaria per i diritti umani, Dunja Mijatović. Sotto accusa “effetti combinati di un’autorità garante politicamente controllata e un intervento distorsivo dello stato nel mercato dell’informazione”. Ci sono ancora “voci indipendenti” e sono apprezzate dall’opinione pubblica, ma “il libero dibattito politico e il libero scambio di opinioni diverse, prerequisiti per il prosperare delle società democratiche, sono stati fortemente ridotti, in particolare al di fuori della capitale”, si legge nel Memorandum. Ci sono anche “continue campagne diffamatorie contro i difensori dei diritti umani e le voci indipendenti, progettate per soffocare la società civile e inviare un messaggio chiaro che ci sarà una pronta ritorsione contro qualsiasi forma di critica contro il governo”. In tutto questo, il governo ha “dimostrato di non avere intenzione di aderire allo stato di diritto”, non avendo prestato attenzione alcuna a sentenze di corti nazionali e internazionali. Nell’elenco di comportamenti lesivi del pluralismo anche “procedimenti opachi nel distribuire gli introiti della pubblicità di stato”, minacce ai giornalisti. Le norme di emergenza per contenere la pandemia nel 2020 hanno “ulteriormente deteriorato la situazione”. E nel 2022 ci saranno le elezioni parlamentari.