Una delle poche scuole per ciechi dell’intero Paese, un laboratorio di stampelle e la possibilità per i bambini di accedere alla primaria come tutti gli altri. Sono solo alcuni dei traguardi che padre Pietro Nicolai, presidente dell’associazione Dokita, annovera fra quelli raggiunti dalla onlus in Camerun. “Degli adulti si parla molto – racconta – ma dei bambini con difficoltà sempre di meno. Occuparsi dei meno ascoltati per noi è un motivo di orgoglio”.
Da quasi quaranta anni, l’associazione è presente nel Paese. A fondarla è stato frate Clemente Maino, missionario e infermiere, chiamato ‘dokita’, ovvero medico in dialetto bulu, che dedicò l’ultima parte della sua vita ai lebbrosi. “Negli anni settanta – ricorda padre Nicolai – la popolazione era schiacciata dalla lebbra. Come missionari svolgevamo un compito che era totalmente impensabile per quella regione. La lebbra è stata sconfitta in Camerun grazie all’impegno della cooperazione e dei volontari di Dokita e della Congregazione”.
Fino al 28 marzo l’associazione raccoglierà fondi con la campagna “Tutti uguali”, tramite sms e chiamate da rete fissa al numero 45580. Ogni anno sono oltre 5mila le persone con disabilità assistite nei tre centri realizzati in Camerun e dedicati all’accoglienza, alla cura e al sostegno scolastico: il Foyer de l’Esperance di Sangmelima, che sostiene giovani con disabilità motorie e intellettive; il Foyer Père Monti di Ebolowa, che dal 1984 si prende cura di minori con disabilità nelle funzioni della voce, uditive, visive e dell’apparato motorio e il Centro Prohandicam di Yaoundé, unica scuola per bambini ciechi in Camerun. I fondi raccolti serviranno a consolidare le attività di accoglienza, di supporto e di trasporto dei bambini disabili, potenziare le attività di ricognizione e monitoraggio delle zone rurali circostanti e continuare a sostenere le attività di riabilitazione fisioterapica.
Negli anni l’associazione si è specializzata nell’assistenza ai bambini disabili. “Questo non significa che trascuriamo gli adulti – spiega Nicolai – ma l’attenzione prevalente è verso i bambini sordi ciechi e muti. La scuola per i ciechi, nella capitale Yaoundé, è tra l’altro forse l’unica presente in Camerun”. Nel Paese dell’Africa equatoriale oltre il 23% delle persone con età compresa tra i 2 e i 9 anni lotta ogni giorno con almeno una forma di disabilità, spesso legata alle conseguenze di malattie infettive come la polio, la malaria, la lebbra o il morbillo (63% per cento dei casi). L’essere ciechi, sordi o muti qui significa avere una vita con poche prospettive o totalmente ai margini della società. “C’è ancora – racconta Nicolai, alla guida di Dokita dal 2012 – il pregiudizio diffuso che la disabilità sia causa di qualche male commesso”.
Non bisogna pensare che siano tutti bambini senza una famiglia alle spalle. “In Camerun – commenta Nicolai – è diffusa la concezione della famiglia estesa”. È raro quindi che i bambini siano totalmente soli. “Molti di questi bambini – continua – svolgono una attività di tipo semiresidenziale, altri invece residenziale. Oltre a fornire il necessario per mangiare e dormire e pagare gli insegnanti, fra i pochi specializzati per queste specialità nel Paese, c’è bisogno anche di sostenere tutto ciò che serve per le protesi. Abbiamo creato un laboratorio dove i ragazzi si rendono partecipi e si sentono coinvolti realizzando delle semplici stampelle di legno. Inoltre stiamo allestendo delle sale per l’utilizzo del computer per favorire il loro inserimento. Altro tentativo che si sta perseguendo è quello di inserire i bambini ciechi nelle scuole primarie per i normodotati”.
La pandemia ha reso più complicate le attività quotidiane perché ai bambini sono state imposte ulteriori regole per contenere il contagio. “Con il nostro supporto – dice il presidente – abbiamo cercato di non far mancare i presidi per poter garantire una sicurezza maggiore. Sebbene i numeri non siano come quelli italiani, mi dicono che anche in Camerun stiano aumentando i casi”.