Sì, il Covid ha fatto il suo sporco mestiere. Ha falciato, nella piccola Italia, oltre 100mila persone. Soprattutto donne e uomini in là con gli anni e con diverse patologie. Ma anche persone di mezza età, comunque fragili. Il fatto che abbia sostanzialmente risparmiato, sino ad ora, giovani e bambini, suona come una consolazione perché ci rassicura sul nostro futuro, ma non può rimarginare le ferite che hanno colpito tantissime (troppe) famiglie italiane. Con l’aggravante che i nostri nonni sono morti, in solitudine, in una corsia d’ospedale. Gli ultimi sguardi che hanno incrociato sono stati quelli dei medici e degli infermieri che li hanno accompagnati, nelle ultime ore, incontro alla morte. In tutte quelle famiglie resta una ferita profondissima per non aver potuto congedarsi come dovrebbe essere concesso a tutti. Sì, questa volta, è giusto evocare i dolori delle guerre, la cui memoria in Occidente è perduta. Non dovremmo mai dimenticare quanto le nostre generazioni post belliche siano state fortunate per aver vissuto in tempo di pace. E non aver dovuto pagare il prezzo del distacco senza ricordo.
La falce del Covid, dunque, si è abbattuta sulla nostra memoria collettiva. Quanti nonni non potranno più raccontare di sé e della propria vita? Quante storie di vite esemplari saranno andate perdute? Quanta consapevolezza delle proprie origini (da dove veniamo, chi erano i nostri bisnonni…) sarà stata bruciata in questo rogo spaventoso della conoscenza del passato? Quanto amore non è stato manifestato e quanto dolore non è stato condiviso? Quante carezze, quanti baci, quanti abbracci non sono stati vissuti? Solo da questa drammatica consapevolezza può nascere non solo un nostro personalissimo modo di sentire e vivere questa durissima stagione, ma anche l’urgenza di fare qualcosa per conservare la memoria di questa generazione portata via da un virus venuto da lontano e ben presto diventato padrone delle nostre vite, delle nostre coscienze e del nostro immaginario. Provando, e talvolta riuscendo, a scavare abissi di solitudine e profonde incertezze materiali sociali relazionali. Sino ai confini estremi della depressione… personale, comunitaria ed economica.
Ecco, a tutto questo si può e si deve reagire con la nostra memoria. Ognuno di noi ricorda questo o quel personaggio pubblico che ci ha lasciato. Ma non conosce le storie e le vite degli altri, delle migliaia di persone che ci hanno lasciato nel silenzio. Recuperare questa memoria collettiva è una sfida da cogliere. Se qualcuno volesse e potesse costruire una piattaforma social su cui custodire questi ricordi, farebbe un meraviglioso regalo alla nostra comunità nazionale. A modo suo lo ha fatto Riccardo Benotti con il suo libro “Covid-19: preti in prima linea”, offrendo a tutti noi le “storie straordinarie di chi ha dato la vita e di chi non si è arreso”. Quella schiera di presbiteri italiani che il Covid ci ha portato via e di cui le nostre comunità già sentono il vuoto.
Ma ora c’è il vuoto delle famiglie italiane da riempire con una memoria collettiva e condivisa. Non c’è modo migliore per ricordare che solo un anno fa (iniziava il 9 marzo) eravamo in pieno lockdown, di quello di costruire questo Memoriale. Non sarà di pietra, ma potrebbe avere quel cemento speciale che è oggi la Rete.
Un memoriale in Rete per i 100 mila morti. Custodiamo e condividiamo i ricordi delle famiglie italiane
Quanti nonni non potranno più raccontare di sé e della propria vita? Quante storie di vite esemplari saranno andate perdute? Quanta consapevolezza delle proprie origini (da dove veniamo, chi erano i nostri bisnonni…) sarà stata bruciata in questo rogo spaventoso della conoscenza del passato? Quanto amore non è stato manifestato e quanto dolore non è stato condiviso? Quante carezze, quanti baci, quanti abbracci non sono stati vissuti? Solo da questa drammatica consapevolezza può nascere non solo un nostro personalissimo modo di sentire e vivere questa durissima stagione, ma anche l’urgenza di fare qualcosa per conservare la memoria di questa generazione portata via da un virus venuto da lontano e ben presto diventato padrone delle nostre vite, delle nostre coscienze e del nostro immaginario.