Scarp de’ tenis: “luna park e artisti di strada in ostaggio del virus”

Nel nuovo numero della rivista promossa dalla Caritas si affronta, in un ampio e documentato servizio, un aspetto poco noto della crisi pandemica: giocolieri, ballerini, cantanti, equilibristi, statue, maghi sono rimasti praticamente senza lavoro, e il problema riguarda anche luna park e circhi. Migliaia di famiglie in difficoltà e un intero settore economico che rischia di sparire. La parola ai protagonisti

“All’inizio non guadagnavo niente. La prima volta che ho ricevuto una moneta era di un 1 centesimo. Lo ricordo ancora, ero in via Mercanti, in centro a Milano. Finalmente una signora si era fermata ad ascoltare almeno tre canzoni, poi ha aperto il portafoglio e mi ha dato quella moneta. Per me è stato un momento bellissimo perché ero riuscito a fermare qualcuno ed emozionarlo. Da quel giorno è scattato qualcosa, la strada era il mio palcoscenico…”. Kam Cahayadi, conosciuto come Eki, è il vincitore di All Together Now 2020, programma condotto da Michelle Hunziker (insieme nella foto).
Nato a Giacarta, in Indonesia, 33 anni fa, Eki è il sesto di 4 sorelle e un fratello. In Indonesia suonava in una band, era il suo lavoro. Una sera ha conosciuto Anna, di Milano, un vero e proprio colpo di fulmine. Hanno vissuto qualche anno a Giacarta, ma lei voleva tornare in Italia. Così Eki è partito insieme a lei. Era l’estate del 2019. Da artista di strada ora… si è fatto strada e racconta la sua storia a “Scarp de’ tenis”, rivista promossa da Caritas Italiana e Caritas Ambrosiana. Il mensile, in formato cartaceo e acquistabile on line, dedica un ampio dossier agli “artisti senza strada” (il titolo di copertina è invece “Vaccino, prima gli ultimi”).

Comparto in crisi. La vicenda di Eki è però un’eccezione… “La pandemia sta mettendo in crisi un intero comparto: quello degli artisti di strada e degli spettacoli viaggianti”, si legge su Scarp. Giostrai, circensi, musicisti, clown, maghi, ballerini e giocolieri “sono tutti accomunati dallo stesso destino: con le chiusure e il divieto di assembramento molti di loro non lavorano e non ricevono uno stipendio da quasi un anno. Qualcuno ha ottenuto i ristori dallo Stato, qualcun altro il reddito di cittadinanza ma in tantissimi vanno avanti grazie ai pacchi della Caritas”. Stefania Culurgioni racconta sulla rivista: “niente li ha mai fermati. Né la pioggia, né la neve o il vento. Niente mai, tranne questa inaspettata pandemia che li tiene in ostaggio da un anno. Dove sono gli artisti di strada? Come stanno, resistono, torneranno? Ci siamo preoccupati molto, in questi mesi, di tutte le categorie di lavoratori che hanno sofferto per la perdita del lavoro, per le chiusure, per le zone rosse, ma è come se ci fossimo tutti quanti dimenticati di loro. I giocolieri che al semaforo rosso ci incantano lanciando sopra la loro testa fiaccole infuocate, i suonatori di sax che, svoltando l’angolo, ci fanno battere il cuore un po’ più forte. E poi ballerini, cantanti, equilibristi, statue, maghi, giocolieri. Artisti di strada appunto, ma anche ‘esercenti itineranti’, ovvero giostrai, circhi, titolari di lunapark, intere famiglie che da decenni si spostano di città in città con i loro caravan, il rombo delle montagne russe e l’odore di frittella”. La strada “è il loro ufficio, e se la strada è chiusa, vietata, sotto coprifuoco, loro smettono di lavorare, e infatti sono fermi da un anno”.

Due categorie, due mondi. Ci sono due grandi categorie in questo mondo: quella degli artisti di strada, appunto, e quella degli esercenti viaggianti, meglio noti come giostrai e lunapark. Le associazioni che li rappresentano sono tante: c’è l’Ente nazionale circhi e, a Milano, l’Asm, associazione artisti di strada della Confesercenti. Tra quelle più grandi, c’è la Fnas che raggruppa in generale tutti gli artisti di strada e l’Anesv che invece mette insieme gli esercenti dello spettacolo viaggiante. Sono due mondi diversi ma una cosa li accomuna: è stato un anno terribile per tutti quanti. Federico Toso è il direttore uscente di Fnas (ha lasciato l’incarico proprio a febbraio): “il 2020 è stato un anno tremendo. C’è stata solo una piccola ripresa durante l’estate ma con la seconda ondata è stato tutto bloccato di nuovo. Alcuni amministratori più coraggiosi, come a Torino, hanno consentito agli artisti di lavorare ma nella maggior parte delle città si è fermato tutto”.

(foto ANSA/SIR)

Ristori per pochissimi. La strada è uno spazio pubblico, un luogo aperto e soprattutto un luogo che accoglie tutti, ma gli artisti che la frequentano – spiega ancora la rivista, a sua volta “di strada” – si dividono in due sottocategorie: quelli che sono “scritturati” e quelli “a cappello”. La distinzione è molto importante: “Sia gli scritturati che quelli a cappello possono essere professionisti – continua Toso – ma i primi hanno un committente, un contratto firmato, un monte ore e i contributi versati, i secondi invece sono tutti gli altri, cioè chi magari in quel momento non ha un contratto e allora lavora in strada liberamente. È una scelta di vita, chi la fa sa benissimo i rischi che corre ma la sceglie perché si sente libero. Chi lavora a cappello non è considerato fiscalmente un lavoratore bensì un cittadino che si esibisce liberamente”. In questi mesi, questa differenza è stata fondamentale per ottenere o meno il ristoro del Governo, cioè quel sostegno economico che lo Stato ha elargito ai lavoratori rimasti fermi per la pandemia. “Chi aveva un contratto ha potuto ricevere un po’ di soldi – continua Toso –. Per tutti gli altri, l’unica speranza è stata semmai il reddito di cittadinanza”. Tantissimi, comunque, sono rimasti fuori da tutto”.

La crisi dei giostrai. Ferdinando Uga è il direttore di Anesv, l’associazione nazionale degli spettacoli viaggianti. “L’associazione esiste dal 1947, conta un migliaio di soci ma in Italia ci sono almeno 5mila imprese, sia itineranti che fisse, giostrai, lunapark, circhi – puntualizza –; l’anno è andato molto male. In media sono state lavorate 50 giornate contro le oltre 250 del 2019. Il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo ha stanziato un fondo per sostenerci: ne hanno usufruito circa 1.500 esercenti, in tre tranche da qualche migliaio di euro. Ma non tutti hanno potuto accedervi: servivano i contributi Inps versati in regola, e non tutti lo erano. Ora, stiamo lavorando perché il ministero riapra il bando”. In grande aiuto è arrivato in questi mesi da quei Comuni che hanno sollevato le famiglie viaggianti dal pagamento dello spazio di sosta su suolo pubblico. “La Caritas – spiega il servizio di Scarp, che nel dossier riporta anche alcune storie personali di questi artisti – si è impegnata moltissimo per raccogliere fondi e consegnare pacchi con beni di prima necessità: i caravan, per via delle zone rosse, sono rimasti fermi per mesi nello stesso Comune. Ma i soldi non sono sufficienti”. Spesso si tratta di famiglie con quattro o cinque componenti: l’allacciamento elettrico va pagato, le assicurazioni e le manutenzioni delle giostre e dei mezzi anche, e poi ci sono i figli da mandare a scuola. Intanto la lotta degli artisti di strada continua: insieme ad Aleacam, l’associazione degli artisti di strada a cappello di Milano, ad Asm e ad altre associazioni milanesi di artisti, Fnas ha chiesto un incontro al Comune di Milano per ragionare insieme su una graduale riapertura dell’arte di strada in città. “La condizione di molti artisti è diventata insostenibile dal punto di vista economico – affermano –: per evitare assembramenti, sarebbe possibile aprire postazioni più decentrate lasciando chiuse quelle più centrali”. Dalla risposta alla pandemia dipende molto del futuro di questi artisti.

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