Il Parlamento europeo chiede misure più dure contro la tratta degli esseri umani, per la protezione di donne, bambini e migranti, che restano le principali vittime. “La situazione è peggiorata dall’inizio della pandemia, aumentano annunci online e pornografia infantile”. Così gli eurodeputati che, con una risoluzione, approvata da 571 voti a favore, 61 contrari, 59 astensioni, chiedono di rivedere la direttiva anti-tratta del 2011 e misure più severe per contrastare il fenomeno. In particolare, gli eurodeputati lamentano “l’assenza di dati coerenti, comparabili e dettagliati sulla portata della tratta nell’Ue, ed esortano i Paesi Ue a “rafforzare la cooperazione per combattere quelli che spesso sono crimini transnazionali”. Lo sfruttamento sessuale, di donne e ragazze, rimane la forma di tratta più diffusa e segnalata nell’Ue, per questo l’Europarlamento chiede alla Commissione europea di modificare la direttiva “per garantire che gli Stati membri criminalizzino esplicitamente l’uso consapevole di tutti i servizi forniti dalle vittime della tratta che comportano lo sfruttamento”. Inoltre, gli eurodeputati sottolineano che “quasi un quarto del totale delle vittime sono bambini” e pertanto è necessario che “i Paesi Ue sviluppino misure specifiche”.
I migranti, richiedenti asilo, rifugiati, donne e minori non accompagnati, sono i più a rischio di diventare vittime della tratta. Tuttavia, gli europarlamentari denunciano che “un numero molto basso di vittime è registrato nelle procedure di protezione internazionale” e chiedono agli Stati membri “di garantire che le procedure anti-tratta e quelle di asilo siano interconnesse” e lamentano che spesso “le esigenze di persone Lgbti, persone con disabilità e minoranze, come la comunità Rom, sono trascurate”. Lo sfruttamento delle persone più vulnerabili avviene soprattutto attraverso “il lavoro, l’accattonaggio forzato, matrimoni imposti e fittizi, criminalità forzata, vendita di neonati, commercio di organi e adozioni illegali”. Gli europarlamentari indicano come necessari interventi sull’uso delle tecnologie, come i social media, sia per la proliferazione che per la prevenzione del fenomeno.