C’è un aspetto che l’emergenza sanitaria da pandemia ha reso ancora più visibile: quanto sia forte l’”intreccio” tra famiglia e lavoro. A causa del massiccio ricorso a diverse forme di smart working, “i confini sono diventati ancora più permeabili” di quanto non lo fossero già per effetto delle nuove tecnologie. “Chi ne ha risentito di più sono le donne, che hanno dovuto farsi carico in modo ancora più consistente della cura dei figli e della casa. Rispetto agli uomini, hanno accusato evidenti segnali di stanchezza e di fatica nella gestione del livello di stress accumulato in questi mesi”. In particolare, “se nel primo lockdown mostravano una più elevata capacità di affrontare l’evento stressante, da luglio a dicembre hanno mostrato una pericolosa riduzione di questa attitudine”. È quanto emerge dai primi risultati dell’indagine “Conciliare lavoro e relazioni ai tempi del Covid-19”, a cura del Centro di Ateneo studi e ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, realizzata nel periodo dell’emergenza sanitaria (da marzo a dicembre 2020) seguendo in diverse fasi dell’epidemia un gruppo di lavoratori – 306, di cui l’83.3% composto da donne, il 66.7% da sposati o conviventi, il 70.9% con figli, il 61.3% da lavoratori dipendenti – per monitorare i cambiamenti nei livelli di benessere e di conciliazione tra famiglia e lavoro.
Un’anteprima dell’indagine sarà illustrata durante il webinar “La conciliazione famiglia-lavoro ai tempi dell’emergenza sanitaria: intrecci possibili o impossibili?”, in programma domani, giovedì 4 febbraio, sulla piattaforma Webex dalle ore 17 alle 18.30, che sarà anche l’occasione per presentare il volume a cura di Claudia Manzi e Sara Mazzucchelli dal titolo “Famiglia e lavoro: intrecci possibili. Studi interdisciplinari sulla famiglia” (Vita e Pensiero).