Mettersi in marcia, raccontare vedendo e consumando le suole delle scarpe. Il 23 gennaio scorso, vigilia della Festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, papa Francesco ha reso noto il Messaggio per la prossima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebrerà il 16 maggio.
Proprio a gennaio sono iniziati in Germania i festeggiamenti per i primi 70 anni del mensile delle Missioni cattoliche italiane in Germania e Scandinava “Corriere d’Italia” nato per gli italiani emigrati in Germania e nel nord Europa “accompagnandoli e sostenendoli nel loro spesso difficile cammino”, come si legge nell’editoriale del primo numero di questo 2021 a firma di Licia Linardi. Il giornale è nato nel 1951 sotto la guida di don Aldo Casadei da una idea di don Vincenzo Mecheroni, con il nome “La Squilla” diventato poi, 13 anni dopo “Corriere d’Italia”. Ciò che scrive papa Francesco nel Messaggio per la prossima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali: “venire e vedere”, è quanto ogni sacerdote che accompagna gli italiani in emigrazione svolge nella sua attività, “nell’andare verso le pecorelle a lui affidate”, spiega don Pierluigi Vignola, parroco della Missione cattolica italiana di Amburgo. “Proprio perché – prosegue – aprirsi all’incontro verso l’altro, il nostro prossimo, è quanto richiesto dal Signore Gesù ad ognuno di noi, ad ogni buon cristiano, ma soprattutto a chi si è posto in modo particolare al suo servizio”. Maggiormente in questo “tempo particolare per tutti noi”, il “condividere” del Papa “mi ha riportato alla mente la richiesta di compartecipazione rivoltami dai tanti che si trovano a dover affrontare bisogni e necessità che non sempre lo Stato riesce a soddisfare. Esserci, ascoltare, aver incrociato i loro volti ha significato già molto per queste persone”. Il “consumare le suole delle scarpe”, è “quel saper andare incontro ed alla ricerca di fratelli e sorelle più bisognosi e che mi incoraggiano ad andare avanti senza sosta, sapendo che con noi ci sta sempre il Signore che veglia e ci accompagna in questo cammino”.
Il Messaggio del pontefice coinvolge non solo i giornalisti della carta stampata, ma anche coloro che sono impegnati nei nuovi mezzi di comunicazione, evidenzia il direttore del giornale di Buenos Aires “Voce d’Italia”, padre Sante Cervellin: “si tratta di coniugare contenuto e forma di espressione; se si esagera in uno di questi poli c’è il pericolo di limitare il messaggio o di renderlo banale”.Il “comunicatore oggi dovrebbe fare testo perché, come suggerisce papa Francesco è andato alla ricerca della verità”.
Il “venire e vedere” può “diventare il metodo di ogni autentica comunicazione umana, perché si basa sulla vita concreta delle persone e sulla verità delle cose”, spiega don Saverio Viola, parroco della Missione cattolica italiana di Solothurn, in Svizzera: “ogni informazione per essere espressione comunicativa chiara e sincera, non può essere confezionata lontano dalla realtà, stando seduti sul posto di lavoro, in redazione e davanti al computer. È necessario uscire per strada, consumare le suole delle scarpe, incontrare le persone e raccontare i loro vissuti”.
Il sacerdote spiega che in questo tempo, per colmare il senso di vuoto relazionale e farsi sentire prossimi, “anche noi abbiamo sperimentato l’efficacia comunicativa dei media: ponti virtuali per restare in contatto con le nostre comunità. E senza dubbio la rete si è rivelata uno strumento formidabile, che avvicina le persone e le rende presenti, ma è pur sempre un incontro virtuale”. Talvolta “il rischio di un appiattimento in ‘giornali fotocopia’”, come scrive il Papa è “concreto, la narrazione dei fatti diventa asfittica e autoreferenziale, riuscendo sempre meno ‘a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone’”, dice Domenico Pellegrino, volontario dell’Ufficio Migrantes di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela: “perché, qualunque sia la prospettiva che si vuole assumere, prima che informazione di fatti è sempre informazione di storie, di vite, di volti”.
“Vieni e vedi”: il messaggio di papa Francesco è “esattamente la maniera con cui la fede cristiana si esprime”, dice don Geremia Acri, direttore dell’Ufficio Migrantes della diocesi di Andria. L’invito a “consumare le suole delle scarpe” è “una risposta reale al contrasto dell’appiattimento in cui giornali fotocopia o notiziari tv e siti web stanno cadendo a causa della troppa sovraesposizione ad input che anestetizzano il lettore e non fanno altro che contribuire alla diseducazione delle coscienze. Bisogna invece incontrare le persone, cercare storie che meritano di essere raccontate per formare lettori critici per stimolare dibattiti sani”. Le storie “passano anche attraverso i progetti sociali (la sartoria, l’orto, il ristorante sociale) sostenuti dalla nostra comunità “MigrantesLiberi”; sono storie tangibili i cui racconti vogliono ‘contagiare’ tutti coloro che possono contribuire a fare del bene, ad essere parte attiva di una comunità che sa aiutare”: “non c’è vaccino per formare giornalisti coscienziosi e affamati di verità, ma c’è una cura: essere dalla parte dell’altro”.
Papa Francesco ha ricordato queste “sapienti parole” di S. Agostino: “Nelle nostre mani ci sono i libri sacri, ma nei nostri occhi i fatti”. “E ciò – dice p. Renato Zilio, direttore dell’Ufficio Migrantes delle Marche – mi fa ricordare padre Mario, missionario in Francia, e gli incontri biblici che organizzava alla sera con i nostri emigrati italiani. Era leggere, commentare e lasciar emergere ciò che essi stessi stavano scrivendo con la loro vita”.