“Migliaia di persone continuano a vivere in condizioni disumane” in Bosnia Erzegovina. Lo sottolinea, oggi, in una nota, il Segretariato attività ecumeniche (Sae), ricordando quanto scritto nella “Charta Oecumenica” firmata a Strasburgo il 22 aprile 2001: “Vogliamo contribuire insieme affinché venga concessa un’accoglienza umana e dignitosa a donne e uomini migranti, ai profughi ed a chi cerca asilo in Europa”. “Sono trascorsi vent’anni. In queste settimane nei Balcani constatiamo come questa volontà sia frustrata”, denuncia il Sae.
Ricordando il “Giorno della memoria”, celebrato il 27 gennaio, il Sae precisa “Quello della Shoah e quello dell’attuale drammatica situazione dei migranti nell’area balcanica sono fenomeni storici diversi e imparagonabili. Vi è però un’analogia. Una domanda che noi poniamo a coloro che vivevano nella prima metà degli anni quaranta, in futuro sarà posta probabilmente anche a noi: voi cosa facevate? L’impasto tra indifferenza e senso di impotenza che contraddistingue l’animo di molti ci fu allora e c’è ora, con l’aggravante che noi, adesso, conosciamo esattamente quanto sta succedendo”.
Il Segretariato attività ecumeniche “ringrazia chi nelle Chiese cristiane, di qualunque confessione sia, si sta prendendo a cuore, tanto attraverso l’aiuto quanto per mezzo di una responsabile denuncia, la drammatica situazione migratoria”. “‘Vogliamo contribuire insieme’ – si legge nella nota –. I corridoi umanitari sono un esempio concreto di questa collaborazione che va allargata e potenziata”.
Infine, una constatazione: “In riferimento alla cultura europea, un titolo di un saggio famoso affermava: ‘Perché non possiamo non dirci cristiani’; in un’Europa che continua a erigere muri senza trovare chi accompagna la denuncia con la pratica dell’aiuto, il titolo andrebbe riscritto così: ‘Perché non possiamo più dirci cristiani’”.