“Le comunità cattoliche rivelano in questa pandemia una creatività ancora più intensa, spesso nel silenzio, come è nello stile del bene”. Lo ha affermato ieri l’arcivescovo di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi, mons. Erio Castellucci, nell’omelia pronunciata in occasione della solennità di San Geminiano, patrono della città di Modena.
“Siamo ammirati dalla dedizione di tanti pastori, collaboratori laici e consacrati, che si fanno prossimi, in tutti i modi possibili, alle persone deboli, con ogni tipo di aiuti: materiali, morali e spirituali. Tanta gente esprime riconoscenza per quest’opera”, ha sottolineato il vescovo, che però non ha voluto “nascondere gli atteggiamenti divisivi dentro le nostre comunità”. “Ad un certo punto – ha spiegato –, alcuni sembravano presi da questioni che poco avevano a che fare con la Chiesa, il Vangelo e le sofferenze di tanti. Fino a mostrarsi preoccupati della dispersione di frammenti del corpo eucaristico, più che della dispersione di frammenti del corpo ecclesiale e sociale”. Mons. Castellucci ha anche osservato che “a volte siamo noi pastori a dare scandalo, perché non riusciamo a testimoniare di ‘annunciare gratuitamente il Vangelo’”.
“I pastori che guidano le comunità educative, civili, politiche e religiose, hanno spesso a che fare con il potere”, ha proseguito l’arcivescovo, notando che “‘potere’ non è una brutta parola: ogni relazione racchiude una dinamica
di potere. Il problema è che questo potere, come chiede Gesù, prenda la forma del servizio”. “Esiste allora una parola più espressiva: autorità”, ha continuato, che significa “dal verbo augeo, ‘faccio crescere’” e che “comporta una relazione di servizio tra me e te, e crea un noi”. “Che l’intercessione di san Geminiano – ha concluso l’arcivescovo – dia a tutti la forza e la gioia di proseguire su questa strada, di passare dall’io al noi”.