“Tristezza e indignazione” è il sentimento espresso dai vescovi portoghesi dopo l’approvazione in Parlamento oggi della legge che autorizza l’eutanasia e il suicidio assistito. “Viene legalizzata una forma di morte indotta” nel peggior momento “di una pandemia mortale, nella quale tutti noi vogliamo sforzarci di salvare il maggior numero di vite, accettando restrizioni alla libertà e sacrifici economici impareggiabili”, si legge in una nota diffusa nel pomeriggio di oggi dal Consiglio permanente. “È assurdo legalizzare la morte indotta”, dicono ancora i vescovi, “rifiutando gli insegnamenti che questa pandemia ci ha dato sul prezioso valore della vita umana, che la comunità in generale e gli operatori sanitari in particolare cercano di salvare con sforzi sovrumani”. I vescovi auspicano che la legge sia sottoposta “a verifica di costituzionalità” dal momento che “offende il principio di inviolabilità della vita umana sancito dalla nostra Legge fondamentale”. “Non possiamo accettare che la morte causata sia una risposta alla malattia e alla sofferenza” né “potremo mai smettere di combattere e alleviare la sofferenza, fisica, psicologica o esistenziale, e accettare che la morte indotta sia la risposta a queste situazioni”, anziché “la protezione della vita, soprattutto quando è più fragile con tutti i mezzi e, cioè, l’accesso alle cure palliative, di cui la maggioranza della popolazione portoghese è ancora priva”. L’approvazione della legge è per i vescovi anche “una battuta d’arresto culturale senza precedenti, caratterizzata dall’assolutizzazione dell’autonomia e dell’autodeterminazione della persona”. La legge è stata approvata con 136 voti favorevoli e 78 contrari. Ora il presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa, ha 8 giorni di tempo per decidere se sottoporre il testo della legge alla Corte costituzionale, e altri dodici per porre un veto anche senza aver consultato la Corte, oppure firmarla.