La Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dnaa) identifica 15 gruppi criminali coinvolti in attività illecite nei porti italiani, talvolta anche attivi contemporaneamente o federati in cartelli. Tra questi, “la ‘ndrangheta è l’unica mafia presente in tutti i report, seguita dalla criminalità organizzata di origine cinese (presente in 11) e dalla camorra (presente in 10)”. Questo dato, che viene riportato nella ricerca pubblicata su lavialibera.it, il sito della rivista di Libera e Gruppo Abele, “conferma che alcune organizzazioni possiedono peculiari capacità e competenze che consentono loro di persistere nel tempo in ambito portuale, mentre la comparsa di altre è talvolta dovuta a singoli episodi”. Allo stesso tempo, “non tutte le organizzazioni sono coinvolte in tutti i tipi di affari legali e illegali che avvengono in ambito portuale”. Secondo i risultati, “sembrerebbe che la maggior parte delle attività illecite che coinvolgono la criminalità organizzata negli scali siano legate ai traffici: stupefacenti, rifiuti e contrabbando di sigarette compaiono in tutte le relazioni analizzate. Anche il traffico di prodotti contraffatti e di esseri umani ricorrono spesso nel tempo, mentre altre attività sembrano essere più sporadiche”. Lo studio dei porti conferma che “alcune organizzazioni criminali hanno maggiori capacità di diversificare le proprie proiezioni sul territorio italiano, trovando spazi per portare avanti i propri affari”. Tra queste spicca la ‘ndrangheta, che è stata in grado di operare sia nei piccoli porti della Calabria – oltre che nel più importante scalo regionale, Gioia Tauro – sia proiettarsi a Napoli, Livorno, Venezia, Trieste, nonché in tutti i principali porti commerciali della Liguria, soprattutto nel mercato del traffico di stupefacenti.
“In conclusione – si legge nella ricerca su lavialibera.it – i porti sembrano essere uno snodo strategico e di fondamentale importanza per la criminalità organizzata, che può sfruttare l’infrastruttura e i collegamenti per svariati scopi. Un tema su cui, però, il dibattito sembra ancora timido”.