“Quest’anno a causa del coronavirus ero preoccupata di non riuscire a raccogliere un significativo numero di scarpe, e invece ne abbiamo quasi il doppio dell’anno scorso, più di novemila, esattamente 9.130”, dice al Sir la trentenne Martyna Zastawna. Grazie alla sua iniziativa, per una parte dei senza fissa dimora polacchi (secondo le stime ufficiali sarebbero 35mila persone) quest’inverno particolarmente rigido e nevoso sarà meno difficile. Secondo le statistiche, l’ipotermia, spesso dovuta alla mancanza di adeguate calzature, è una delle cause più frequenti del decesso delle persone più povere e abbandonate. Zastawna, che negli ultimi tre anni ha raccolto oltre 15mila paia di scarpe per i senzatetto, ha due lauree conseguite alla facoltà di giornalismo e all’Istituto di studi europei dell’Università di Varsavia. Ha anche lavorato come manager presso un’agenzia pubblicitaria e adesso, all’insegna dello “zero waste”, rinnova, ripulisce e ridà vita alle scarpe…
Come mai hai lasciato il lavoro in agenzia?
Sei anni fa camminavo per Varsavia alla ricerca di una bottega dove riparare, ripulire e rinnovare le mie scarpe. Non ne ho trovata alcuna. Ho fatto una ricerca su internet e ho scoperto che tale servizio non c’è, da nessuna parte. Solo in India ho trovato un laboratorio per fare quel lavoro. Ho quindi deciso di fondare la WoshWosh, ditta che professionalmente ripulisce e rinnova le scarpe. Il primo laboratorio era a casa mia, ma in due mesi ho dovuto cambiare tre volte l’ubicazione della ditta, tanta era la domanda.
Come opera la WoshWosh?
Il nostro laboratorio è a Varsavia ma in tutta la Polonia abbiamo dei pick up point dove la gente può portare le scarpe per farle rinnovare. La maggior parte di questi point si trova presso le lavanderie nei centri commerciali, che adesso spesso sono chiusi a causa delle restrizioni anti Covid. Presso il nostro laboratorio abbiamo dei macchinari che con l’ozono disinfettano le calzature, rendendole al 98% libere da batteri, virus e funghi. Solo una parte di lavoro deve essere eseguita manualmente. I macchinari sono quelli di lavanderia ma riprogrammati in Germania e adattati alle nostre necessità. Con me in laboratorio lavorano otto persone che però hanno anche diversi altri compiti, necessari per mandare avanti l’azienda.
Come le è venuta l’idea di aiutare i senzatetto che spesso non hanno le scarpe adatte per l’inverno?
Forse da mia mamma che vuole sempre aiutare tutti e far sì che stiano bene. La prima raccolta di scarpe per i senzatetto, tre anni fa, l’abbiamo fatta tutta a nostre spese. Adesso abbiamo degli sponsor che sostengono una parte dei costi. In più, ci sono delle imprese, per le quali lavoriamo tutto l’anno, ma che nel periodo autunnale collaborano alla nostra iniziativa e organizzano al loro interno delle raccolte di scarpe usate che noi disinfettiamo e ripuliamo. Simili raccolte vengono fatte anche presso alcune scuole e asili nido.Abbiamo poi ricevuto dei pacchi con scarpe, alcune mai usate, dalla Germania, dalla Gran Bretagna e da altri Paesi europei. Tutte le scarpe, dopo un attento triage, poiché devono essere in buono stato, calde e resistenti, disinfettate e ripulite, vengono fatte arrivare ai bisognosi tramite varie organizzazioni caritatevoli. Fra questi vi è la Comunità di Sant’Egidio, che opera anche nella capitale polacca, e la Fondazione dei frati cappuccini a Varsavia, in via Miodowa. È una grandissima soddisfazione quando, camminando per strada, vedo una persona senzatetto con ai piedi un paio di scarpe di qualità. A volte persino le riconosco, perché anch’io lavoro al triage.
E come pubblicizza la sua raccolta di scarpe? Quali canali sono più efficaci?
Uso molto i social media, ma la migliore promozione sono gli “share” degli utenti. Con quel passaparola ottengo dei risultati che poi suscitano l’interesse dei mass media, che mi chiedono delle interviste e così amplificano ancora la voce, e fanno pubblicità alla raccolta della WoshWosh.
Progetti per il futuro?
Oltre a lavorare alla WoshWosh, insegno anche responsabilità sociale del business presso un istituto superiore di Varsavia. Penso che ogni azienda possa fare qualcosa per aiutare gli altri, qualcosa di buono per i bisognosi. E sono certa che si possono cambiare i comportamenti sia nell’ambito delle piccole e medie imprese che in quello delle grandi holding. Bisogna che tutti diventiamo responsabili per le nostre decisioni e consapevoli degli effetti delle nostre azioni a livello dell’intera società. Vorrei impegnarmi di più in questo campo. Intanto, quest’anno penso che faremo la quarta edizione della raccolta delle scarpe ma ho in mente anche un’altra iniziativa, a favore dei giovani senzatetto. Sono migliaia di ragazzi, a volte anche minorenni, che scappano da casa a causa dei problemi di alcolismo dei genitori. Poi vagano senza meta, e quando li vedi per strada sembrano quasi vecchi. Molti di loro non cercano aiuto perché nemmeno sanno di poterlo ricevere. E spesso hanno dei problemi di alcol e anche di droga. Ci sono dei giovani usciti da case circondariali per minori: una parte di loro riesce a reinserirsi nella società civile ma molti restano al margine. È un problema di cui nessuno ancora parla e non ci sono nemmeno le statistiche. Vorrei raccontare di questi problemi dei giovani e cercare di fare qualcosa anche per loro.