“Con la proclamazione di Procida capitale italiana della cultura 2022 viene riconosciuto tutto un percorso che l’isola ha compiuto nei secoli, anche grazie alle radici culturali e spirituali che hanno contribuito a mantenere Procida aperta al mondo e all’inclusione”. Lo dice al Sir don Raffaele Ponticelli, vice decano del 1° Decanato della diocesi di Napoli, a cui appartiene Procida, ed egli stesso originario dell’isola. “Per noi sacerdoti e comunità cristiana – evidenzia don Ponticelli, che è anche uno dei padri spirituali del Seminario maggiore di Napoli – si tratta anche di un impegno, di una responsabilità e di una spinta a recuperare una memoria molto bella per progettare anche un futuro di evangelizzazione che passa attraverso la cultura, la tradizione popolare, l’apertura e l’inclusione. Mi piace ricordare che un sacerdote procidano è l’autore del primo catechismo nautico, Marcello Eusebio Scotti, vissuto nel 1700, e che a Procida è importante la religiosità popolare, certamente ancora da purificarsi, ma capace anche di pescare in profondità nell’affettività religiosa, con una particolare sensibilità alle necessità dei poveri. A Procida è famosa la processione del Cristo morto che da noi ha sempre significato anche raccogliere tutte le lacrime dei disperati e le offese che si fanno alla dignità umana”. Il sacerdote cita anche “l’impegno della Caritas per l’inserimento di migranti – ne sono giunti una trentina con un progetto Sprar – e di tante donne straniere che vengono sull’isola come badanti”.
All’inizio del XX secolo a Procida c’erano 90 sacerdoti sull’isola. “Ancora oggi su 10mila abitanti ci sono 8 parrocchie, anche se più chiese sono affidate allo stesso parroco – spiega don Lello, come si fa chiamare -. Attualmente sull’isola c’è un sacerdote di 94 anni, che è stato anche marittimo, tre ottantenni che sono ancora parroci e un cinquantenne. Altri cinque sacerdoti procidani sono a Napoli, con vari incarichi”. Oggi, prosegue, “viviamo anche una grande sfida dal punto di vista ecclesiale perché dobbiamo saper intercettare le domande dei giovani e anche rinverdire la nostra tradizione in campo vocazionale. Registriamo tra i ragazzi un atteggiamento ambivalente: da un lato, molti di loro sono coinvolti nelle tradizioni popolari religiose, ma dall’altro ci sono giovani che manifestano anche un atteggiamento di indifferenza verso la fede. Non mancano problematiche, poi, come il consumo di droghe e alcol e, in tempi più recenti, la ludopatia”.
Sull’isola, ricorda don Ponticelli, “abbiamo il santuario diocesano dedicato a San Giuseppe, quindi siamo impegnati anche per l’Anno che il Papa ha voluto dedicare a lui”. Con il Covid-19, che ha fortemente colpito il turismo, vogliamo rilanciare un turismo sostenibile e anche religioso in occasione del 2022 come capitale culturale italiana perché c’è gente che ha conosciuto Procida anche per le sue tradizioni religiose. Serve una sinergia tra chiese, comune, associazioni”.