106° terremoto della Marsica: Opera Don Orione, alcuni documenti inediti sul fondatore in soccorso alla popolazione

“Farebbero pietà ai sassi, solo al vederli. Speriamo che Dio, padre degli orfani, ci vorrà sempre più benedire per il bene che si fa a questi infelici nel nome santo suo”. È uno stralcio di una lettera inedita di don Roberto Risi, principale collaboratore di don Luigi Orione a Roma, nella quale il sacerdote racconta “in diretta” l’eroico soccorso ai terremotati della Marsica portato da don Orione e la sua cura particolare per i bambini estratti dalle macerie ma rimasti orfani dei genitori.
Oggi ricorre il 106° anniversario del terremoto della Marsica, che alle 7,55 del 13 gennaio 1915 sconvolse l’Abruzzo e l’Italia provocando 25mila morti. San Luigi Orione fu tra i primi soccorritori. Ancora oggi è ricordato come personaggio mitico e “martire dei soccorsi”. Per l’occasione dall’archivio centrale dell’Opera Don Orione riemergono alcuni documenti preziosi che ricordano il terribile evento, tra cui questa lettera con la quale don Risi, da Roma, informa don Sterpi a Tortona dell’attività di don Orione subito dopo il sisma. In essa si racconta la baracca-direzione di don Orione, l’accoglienza degli orfani ad Ognissanti e alla Colonia Santa Maria a Roma, l’episodio dei lupi attorno all’automobile di don Orione con gli orfani bloccata nella neve. Egli poi condusse a Roma 40 orfani nel “treno reale” riservato al re.
Da un altro documento veniamo a sapere che un camion gli fu destinato il giorno dopo dal ministero degli Interni. Infine la testimonianza di Ernesto Campese, segretario di Prefettura del ministero degli Interni,  che andò ad incontrarlo nella “baracca-direzione” dell’opera di soccorso: “Dov’è don Orione? Mi indicano un vasto tendone. Mi avvicino. Vagiti di bimbi. Entro. Don Orione è lì. Non vedo gli altri; vedo lui. Seduto su di uno sgabello; ciascun braccio sostiene un bimbetto; li ballonzola sulle ginocchia, li acqueta con la ninna-nanna e chiede i biberon; chiede, insiste: ‘datemi i biberon!’. Questi è don Orione. Un piccolo prete striminzito; una tonaca frusta e impillaccherata; e due piedoni grossi così, in scarpacce ingobbite e scalcagnate. Ma quella sua testa piegata sul collo magro e quegli occhi – gli occhi di don Orione – che ti guardano tristi e mansueti!”.

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