“La pandemia, portando le nostre vite fino ai risvolti più critici, ha frantumato molte delle nostre presunte certezze e ci ha ricondotti alla nostra condizione di uomini in ricerca. È decisivo comprendere i giorni che viviamo non come tempo di privazione ma di purificazione. Una condizione che permette al nostro sguardo di poter essere ricondotto a ciò che è essenziale, al valore alto della vita anzitutto, e poi alla scelta indispensabile della condivisione”. Lo ha detto ieri il cardinale arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, nell’omelia della messa per la solennità dell’Epifania, celebrata in cattedrale.
“Riconoscere il valore che la vita racchiude in sé indirizza a riscoprire il volto del Creatore, allontanando da noi le chimere dell’uomo artefice di sé stesso o, peggio ancora, apprendista stregone, tentato di mutare la propria natura, secondo i miti del transumanesimo e del postumanesimo, pericolose aspirazioni per un’umanità incapace perfino di governare i suoi rapporti con la natura, al punto da dover subire gli sconfinamenti dei virus”, ha aggiunto il porporato.
Ma “c’è anche da riscoprire il volto del Dio che è amore, mettendo fine ai disegni di potere che oppongono gli uni agli altri popoli, ceti sociali, le stesse relazioni familiari. L’antagonismo come strumento di soluzione delle differenze e dei conflitti ha mostrato tutti i suoi limiti nel momento in cui in questi giorni abbiamo potuto sperimentare che solo l’intesa senza barriere e la cura rivolta fino agli ultimi sono le strade per non restare tutti sterminati, per non dover accettare un minaccia che continuerà a incombere su di noi partendo da chi abbiamo escluso dalla condivisione”.
Inoltre, “occorre prendere maggiore consapevolezza che non solo nei Paesi lontani, ma anche tra noi è il tempo di una rinnovata missione, verso coloro che non hanno mai conosciuto Cristo, perché giunti tra noi da nazioni e culture lontane, perché figli di una società che ha cancellato i segni della fede dalla sua cultura e non ne ha trasmesso la conoscenza nella catena delle generazioni, perché reduci da vicende di vita che ne hanno offuscato i riferimenti ultimi inducendo a ripiegarsi su sé stessi, senza speranza”. Il card. Betori ha concluso: “Occorre suscitare interrogativi che aprano le menti e i cuori alla proclamazione dell’annuncio. Occorre rendere più trasparenti ed efficaci i modi con cui la novità del Vangelo viene testimoniata nel mondo nelle forme del servizio della carità ma anche in quello della cultura. Il Vangelo va mostrato come vita in pienezza”.