La situazione già precaria dei migranti in Bosnia-Erzegovina rischia di aggravarsi ulteriormente sia per il peggioramento delle condizioni meteo, sia per i continui trasferimenti da un campo profughi all’altro, in strutture dove mancano le condizioni minime per una sopravvivenza dignitosa. “L’esito è una probabile catastrofe umanitaria che può condurre anche a violenze e gravi tensioni sociali”. Lo denuncia oggi Caritas italiana. Intanto in Bosnia è appena cominciata la ricostruzione del campo di accoglienza di Lipa, andato quasi completamente distrutto qualche giorno fa. L’esercito sta montando le prime tende. “Lipa è però un luogo assolutamente inadatto all’accoglienza, soprattutto in questo periodo invernale – ricorda Caritas –. Era infatti stato chiuso la settimana scorsa perché altamente pericoloso per la vita delle persone che ospitava: è sprovvisto di elettricità, acqua potabile e riscaldamento, in una zona dove le temperature scendono sotto zero. Subito dopo la sua chiusura, un incendio aveva distrutto le poche tende rimaste nel campo”. Le 1.200 persone ospitate al momento della chiusura – prosegue Caritas – erano finite per strada senza una sistemazione alternativa. I tentativi di riaprire l’ex campo Bira (nella città di Bihac) o di allestire l’ex caserma in località Bradina (non distante da Sarajevo) da parte delle autorità locali sono falliti per le proteste dei cittadini e delle autorità locali. Alla fine la soluzione è stata la riapertura del campo di Lipa, “nonostante tutti gli attori internazionali fossero contrari, perché significa mettere a rischio la vita di centinaia di persone, dal momento che in quel campo non potranno essere garantite in poco tempo le condizioni minime necessarie per vivere”.