Ger 31,31-34; Eb 5,7-9; Gv 12,20-33
Gesù è un Messia che cavalca l’asino e finisce in croce. Qui si pone il problema della fede: davanti a un Dio crocifisso, non prima. E il Vangelo di oggi vorrebbe risolverlo. È Gesù stesso che spiega il significato della sua vita. All’inizio ci sono i Greci (non sono pagani, sono figli di altri popoli, saliti a Gerusalemme "per adorare") che vogliono vedere Gesù. Chi non lo vuole vedere! Conoscerlo, credergli: sta qui il senso del Vangelo. E Gesù dice che per vederlo bisogna cercarlo nella sua gloria, che consiste nell’essere innalzato sulla Croce. Lì si vede Dio. La gloria è nel seme di frumento che muore per portare frutto. E in un solo rigo Giovanni mette tutta l’agonia, dicendo che Gesù è turbato e poi subito viene la voce dal cielo che accosta l’agonia alla Trasfigurazione.
Star sulla croce è il senso della vita di Gesù, rivelazione totale di Dio e onnipotente calamita che ci attira a sé per conoscere finalmente che Dio è amore e buttar fuori da questo mondo colui che lo teneva sottomesso con la paura e la menzogna. La Croce sdemonizza e risana l’immagine di Dio: non è un burattinaio despota, ma uno che dà la vita per tutti.
Gesù non nega di essere re e messia; tutto sta a capirne il modo. Lui lo è come il chicco di frumento che muore e dà la vita, come il Figlio dell’uomo innalzato in croce. Ed è Lui che la gente di ogni gente vuole vedere, chiedendolo innanzitutto a quelli della sua cerchia, i discepoli. Molti, anche oggi, desiderano vedere Gesù. Sorprendente la reazione del Maestro e radicale la sua risposta. Il chicco caduto in terra è il Verbo che si è fatto carne e se gente di ogni popolo chiede di vederlo e riconoscerlo, allora significa che è l’ora della Pasqua, quando il chicco caduto in terra muore e produce molto frutto.
Il turbamento provato da Gesù non oscura ma illumina il mistero: la salvezza non è esenzione dall’esperienza della morte, ma superamento di essa per la gloria del Padre. Quello che prima annientava (la morte) ora è trasformata nella via della pienezza dell’amore. Non è la morte lo scopo, ma la vita donata per amore, perché questo svela il mistero supremo dell’Amore di Dio. E la morte di Gesù diventa la rivelazione gloriosa del Padre.
Ridando senso alle parole, Gesù fa corrispondere l’innalzamento sulla croce, che è la voragine della sua umiliazione, con la gloria che ne sgorga: lo spettacolo dell’Amore di Dio.
Angelo Sceppacerca