2Cr 36,14-16.19-23; Ef 2,4-10; Gv 3,14-21
Nicodemo, un anziano giunto alla sera della vita, va da Gesù di notte. E Gesù vuole farlo venire alla luce perché comprenda che ci s’innalza (sulla croce) per nascere, non per morire. Si tratta della seconda nascita, una qualità di vita che vince l’angoscia della morte. Nicodemo, ricercatore della legge, non ha trovato come rinascere. E Gesù gli spiega come.
Uno vive veramente non quando nasce, perché si nasce mortali e poi si muore, ma quando è amato ed è libero di vivere e di amare a sua volta. Il Vangelo parla fondamentalmente dell’amore incredibile di Dio per l’uomo. L’amore è all’origine del nostro esistere, non il fato, il caso, il disegno sadico della natura. Il centro del Vangelo è tutto nel breve monologo di Gesù con Nicodemo: il rapporto tra Dio (il Padre) e Gesù (il Figlio) e noi, (figli nel Figlio); il credere e il non credere all’amore (da qui la salvezza o la perdizione, la luce e le tenebre, ossia trovare o non comprendere il senso della vita).
Parole infinite quelle tra Gesù e Nicodemo: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito". Dio ama questo mondo, con tutte le sue terribili strutture di pensiero, d’ingiustizia, di violenza del potere. Questo contrasto insanabile è sanato con l’amore di Dio, con il sacrificio d’amore del Figlio. La salvezza del mondo è totalmente legata con la nostra fede.
Nicodemo, maestro d’Israele, lo rappresenta tutto. Gesù, Figlio unigenito, è porta della salvezza, venuto non per giudicare ma per salvare il mondo. Il Signore è la luce, che svela le nostre tenebre e fare la verità vuol dire camminare verso quella luce che, accolta, ci salverà. Israele è attuale anche oggi, come l’episodio del serpente, che racconta la storia di un peccato, di un lezione e di un rimedio che Dio stesso offre al suo popolo donando suo Figlio, il Salvatore.
Per prepararci a Pasqua, la nostra fede oggi contempla il Cristo Crocifisso. Lui è il motivo della nostra letizia.
Angelo Sceppacerca