Es 22,20-26; 1Ts 1,5-10; Mt 22,34-40
È la vetta del Vangelo, il più grande comandamento. Tutto, parole e gesti di Gesù, trova sintesi e significato in questo comando. All’amore si risponde con l’amore e quello per l’altro è via per rendere a Dio il bene che riceviamo ogni giorno, anche attraverso il prossimo. Il secondo – l’amore del prossimo – è simile al primo, l’amore di Dio. I due comandamenti sono simili perché in Gesù Dio e l’uomo sono diventati simili.
Ad unire i due comandamenti non è il destinatario oggetto dell’amore, ma proprio l’amore. E l’amore non dipende dalla Legge, ma al contrario tutta la Legge dipende dall’amore. Dipende è lo stesso che "pendere", "stare appeso". È la descrizione della morte del Signore che dà a noi la vita. La sua Pasqua mostra nei fatti come si fa ad amare Dio e il prossimo.
Anche questa domanda dei farisei è fatta per mettere Gesù in difficoltà, farlo inciampare dopo che aveva chiuso la bocca ai sadducei. Gesù risponde con forza che il più grande non è uno, ma due comandamenti e che "il secondo è simile al primo". Da Gesù in poi i due comandamenti non si possono più citare separati l’uno dall’altro.
Chiara Lubich: "Dunque l’amore è tutto, ma per poterlo vivere bene occorre conoscere le sue qualità. Per prima cosa Gesù, che è morto per tutti, amando tutti, ci insegna che il vero amore va indirizzato a tutti. Non come l’amore che viviamo noi, che ha un raggio ristretto: la famiglia, gli amici, i vicini… L’amore vero, ancora, ama per primo, non aspetta di essere amato, come in genere è dell’amore umano: si ama chi ci ama. No, l’amore vero prende l’iniziativa, come ha fatto il Padre quando, essendo noi ancora peccatori, quindi non amanti, ha mandato il Figlio per salvarci. E ancora: l’amore vero vede Gesù in ogni prossimo: L’hai fatto a me’ ci dirà Gesù al giudizio finale. Gesù vuole anche che l’amore, che egli ha portato sulla terra, diventi reciproco: che l’uno ami l’altro e viceversa, sì da arrivare all’unità".
Angelo Sceppacerca