Domenica 20 luglio

Sap 12,13.16-19; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43

Tre parabole in successione. Il seme buono mescolato alla zizzania. Il minuscolo granello di senape. Una manciata di lievito nella massa della pasta. Nella prima c’è un elemento avverso, nemico. Nella seconda la sproporzione fra l’inizialmente piccolo (il granellino di senapa) e il grande albero di legumi capace di dare riparo agli uccelli del cielo (che simboleggiano i popoli della terra). Infine, la terza dice che l’estraneità (la pasta) diventa tutta fermentata dal poco lievito che vi era stato nascosto (impastato).

Ai figli del Regno è assicurato un esito pienamente positivo, il passaggio dall’inimicizia alla paziente convivenza sino alla completa fermentazione di tutta la storia alla fine dei tempi; il tutto attraverso l’umile pugno di lievito nascosto. Il bene vince il male cambiandolo dal di dentro, soprattutto salvando il peccatore.

Solo Matteo ha questa parabola sull’origine del Male e su come affrontarlo. All’inizio c’è solo il buono del terreno e la bontà del seme. La zizzania, opera del nemico, si aggiunge, ma non è l’esito finale. Perché il "no" del padrone davanti all’ipotesi di andare adesso a sradicare la zizzania. Per non estirpare, insieme alla zizzania, anche il grano e perché tutto è rimandato alla fine. Non è rassegnazione, ma grazia di conoscere in anticipo il giudizio divino, in modo che ci si possa convertire e vegliare.

La piccolezza del seme e l’immagine del lievito nascosto (impastato, nella pasta) dice che il bene e la grazia, da Gesù in poi, sono presenti in ogni prossimo, in ogni occasione. In un certo senso tutto è parabola che contiene in sé il mistero.

Queste parabole fanno pensare alla grandezza di Dio! È un vero Signore che dà all’uomo la libertà e gliela lascia. Lascia crescere il bene come il male. Impedisce ai servitori di intervenire, perché il processo non è ancora compiuto. I pensieri e i tempi di Dio sono diversi da noi che ci identifichiamo con il grano e gli altri sono sempre la zizzania. Dio ci accetta non perché siamo buoni, ma perché lui è buono. Se Dio ci lascia crescere, è perché possiamo conoscerlo per quello che è. Padre.

Angelo Sceppacerca