“Il rischio che possiamo inconsciamente correre sta nel vivere la solidarietà solo come beneficenza o assistenzialismo, quasi che questo pure necessario impegno possa esaurire il senso del Natale”. Lo ha evidenziato questa sera mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino e amministratore apostolico di Susa, durante la messa di Natale per operatori e volontari delle quattro aree del sociale delle due diocesi.
“La gente necessita di amore disinteressato e sincero, di condivisione ed ascolto delle esigenze di cui ciascuno è portatore”, ha proseguito l’arcivescovo, sottolineando che “il sostegno materiale è assolutamente necessario; ma dobbiamo attivare e promuovere questa rete di prossimità anche per accompagnare ogni persona e famiglia”. “L’ambito sociale – ha ammonito – non è di chi opera nel sociale, ma è il terreno dove ogni cristiano e cittadino è chiamato a misurarsi, poiché ciascuno di noi è ‘custode di suo fratello’”.
Secondo Nosiglia, “il nostro impegno nel sociale va fondato a partire dalla centralità della persona, e non tanto dai programmi, dalle idee e dai principî. Altrimenti rischiamo di fare della burocrazia sociale e assistenziale. Ma non per questo siamo qui, e non per questo è venuto il Salvatore”.
L’arcivescovo ha invitato a non mettersi “sulla via dell’apparire, inseguendo solo l’immagine dei servizi efficienti, che costano risorse ed apparati sempre più complessi” ma a favorire “una formazione del volontariato delle ‘corti’, ossia quel sapersi incontrare e farsi carico lì, nel tessuto quotidiano del proprio esistere, delle necessità del prossimo della porta accanto”. Nosiglia ha poi rilanciato l’idea dell’“Agorà della Chiesa e città metropolitana di Torino sul servizio nel sociale” al fine di “verificare e discernere insieme la situazione attuale nel campo del servizio ai poveri, nel campo del lavoro, della sanità, dei migranti e per tracciare il cammino futuro del nostro comune impegno”. “Se non maturiamo adesso questo clima di solidarietà – il richiamo dell’arcivescovo – rischiamo di trovarci, già nel prossimo anno, di fronte a emergenze economiche e sociali sempre più difficili da gestire”.
“Le nostre diocesi – ha concluso Nosiglia – hanno le forze, le capacità e la spinta ideale per fare tutto ciò ed alzare forte la sua voce nella nostra società, perché” le persone povere e in difficoltà “non siano considerate come un’opzione di volontariato, ma un compito che riguarda tutta la comunità ecclesiale e civile”.