At 6,1-7; 1Pt 2,4-9; Gv 14,1-12
Dopo l’ultima cena con i discepoli, nella quale mostra il vertice del suo amore: lava i loro piedi e, attraverso il tradimento di uno di loro, si consegna alla condanna e alla morte, Gesù prepara il suo andarsene verso il Padre, spiegando perché non devono turbarsi e spaventarsi. Sono dunque parole pronunciate in quella notte della cena della lavanda dei piedi e poco prima del suo arresto. Parole del Signore che non si cura della sua passione, ma della fatica dei discepoli e della loro "solitudine" da Lui. L’appello è alla fede, ad aver fede in Lui, a credere nel suo amore tutto aperto lì, dinanzi a loro.
Il turbamento dei discepoli è per il ritorno del loro Signore al Padre. Ed è della Casa del Padre che il Signore parla loro, per dire che in questa casa vi sono molti posti che li attendono. Dopo la glorificazione del Figlio nella Risurrezione, ci sarà anche quella dell’umanità da parte di Dio e la più profonda comunione tra Dio e l’uomo resa possibile dalla Pasqua di Gesù. Questa comunione non sarà solo alla fine dei tempi, ma già ora, nello presenza dello Spirito del risorto, nella vita di ogni persona e nella comunità dei discepoli.
Tommaso, figura importante nel Vangelo di Giovanni, pone il problema della via (direzione) della fede. E Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita". La vita vera è quella che percorre la via del Signore Gesù, sostanza e itinerario della nostra vita.
Filippo ha fretta di vedere il Padre e di vivere in comunione con Lui. Gesù aggiunge consolazione a fiducia mostrandoci la meraviglia della nostra povera vita terrena, nella quale già si può vedere il Padre nella sua stessa Persona: "Chi ha visto me, ha visto il Padre".
Gesù è la perfetta rivelazione del Padre, non perché è uguale al Padre, ma perché Lui e il Padre sono in perfetta comunione tra loro. Non identità, ma comunione. Si diceva, all’inizio, che l’appello è alla fede; ancor più è chiamata all’amore: fede e amore sono il dimorare l’uno nell’altro, a mo’ della Trinità.
Angelo Sceppacerca