Domenica delle Palme

Is 50,4-7; Fil 2,6-11; Mt 21,1-11 (Passio: Mt 26,14- 27,66)

Tutta la profezia d’Israele si compie in Gesù. Gerusalemme è la vigna del Signore, il luogo delle nozze tra Dio e il popolo, le nozze con l’umanità intera. La vigna è anche luogo di un’appropriazione indebita e dell’uccisione del figlio. Gesù manda e ordina ai suoi: andate, troverete, sciogliete, conducete. Fino a lui ogni realtà resta legata come l’asina, in attesa della liberazione.

Gesù si definisce "Signore", ma aggiunge che "ha bisogno". Lui è diverso dai re della terra, è umile e mite, però il suo ingresso è nel segno della gioia e della gloria. Fin da sempre Dio ha scelto la piccolezza e la mitezza per comunicarsi al suo popolo, fino a questo re mite che ora viene per offrire la sua vita per la salvezza di tutti.

Nostro Signore si è degnato assaggiare il trionfo come tutto il resto, come la morte, non ha rifiutato nulla delle nostre gioie, non ha rifiutato che il peccato. Ma la sua morte, diamine!, l’ha curata, non vi manca nulla. Invece, il suo trionfo, è un trionfo per bambini, non ti pare? Un’immagine di Épinal, con l’asinello, le fronde verdi, e la gente di campagna che batte le mani. Una parodia gentile, un po’ ironica, delle magnificenze imperiali. Nostro Signore sembra sorridere – Nostro Signore sorride spesso -, ci dice: "Non prendete troppo sul serio questo genere di cose". E, quanto ai miracoli, nota bene, è la stessa cosa. Non ne fa più del necessario. I miracoli sono le immagini del libro, le belle immagini. (Bernanos, Diario di un curato di campagna).

Il tema dello scandalo ha sempre un riferimento al mistero della piccolezza di Dio rivelata nella piccolezza di Gesù fino alla morte. Gesù dice che riguarda ognuno: "Tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte"; la dispersione del gregge fa parte della salvezza proprio nel momento culminante.

Celebrando il dolore davanti al Padre e davanti a noi, Gesù ci insegna quale sia per i discepoli il modo di vivere cristianamente l’ora della prova. Il dolore e l’angoscia della morte non sono più legati alla natura dell’uomo, ma sono un mistero divino, di cui anche noi siamo partecipi.

Accanto al Crocifisso c’è un preannuncio del nuovo popolo nato lì, sul Golgota. Il centurione e le guardie vedono il terremoto che squarcia il velo del tempio e spacca le rocce; poi le donne che lo avevano seguito e servito e che ora guardano lo spettacolo drammaticamente povero del crocifisso. Infine Giuseppe d’Arimatea, membro del Sinedrio, uomo buono e giusto che chiede a Pilato il corpo di Gesù per avvolgerlo nel candido lenzuolo e deporlo nella tomba nuova segno dell’attesa della risurrezione finale.

Angelo Sceppacerca