“Siamo diventati insensibili ad ogni forma di spreco, a partire da quello alimentare, che è tra i più deprecabili”. Lo scrive il Papa nella sua terza enciclica, Fratelli tutti, lanciando ancora una volta – sulla scorta della Laudato si’ – un appello a superare questa forma di “cultura dello scarto” che divide l’umanità in due categorie: quelli che hanno troppo e quelli che hanno troppo poco. Al tema della riduzione dello spreco alimentare, un anno fa, la Pontificia Accademia delle Scienze ha dedicato una apposita Conferenza, svoltasi in Vaticano presso la casina Pio IV, per rimarcare che lo spreco e la perdita di cibo sono una questione morale ma anche fenomeni dannosi per il pianeta, a causa delle emissioni di gas serra e dello spreco dell’acqua e dei terreni utilizzati per produrre questi alimenti, che si riflettono soprattutto sulle popolazioni più povere il cui lavoro viene dissipato e i cui mezzi di sostentamento vengono compromessi. Pochi mesi prima, nel discorso rivolto il 18 maggio 2019 ai membri della Federazione europea dei banchi alimentari, Francesco aveva spiegato che lottare contro la piaga terribile della fame vuol dire anche combattere lo spreco: “Lo spreco manifesta disinteresse per le cose e indifferenza per chi ne è privo. Lo spreco è l’espressione più cruda dello scarto. Mi viene in mente quando Gesù, dopo aver distribuito i pani alla folla, chiese di raccogliere i pezzi avanzati perché nulla andasse perduto (cfr Gv 6,12). Raccogliere per ridistribuire, non produrre per disperdere. Scartare cibo significa scartare persone. E oggi è scandaloso non accorgersi di quanto il cibo sia un bene prezioso e di come tanto bene vada a finire male”. Un tema, quello dello spreco di cibo nei Paesi opulenti ai danni dei più poveri del pianeta, presente in tutti i discorsi tenuti da Papa Francesco nelle sue tre visite alla sede della Fao – il 20 novembre 2014, il 16 ottobre 2017 e il 14 febbraio 2019 – cui va aggiunta la visita al Programma alimentare mondiale del 13 giugno 2016.
“No” alla speculazione. “Le risorse alimentari non di rado vengono lasciate in balìa della speculazione, che le misura solamente in funzione della prosperità economica dei grandi produttori o in relazione alla potenzialità di consumo e non alle esigenze reali delle persone. E così si favoriscono i conflitti e gli sprechi, e aumentano le file degli ultimi della terra che cercano un futuro fuori dai loro territori di origine. Di fronte a tutto questo possiamo e dobbiamo cambiare rotta Di fronte all’aumento della domanda di alimenti è indispensabile che i frutti della terra siano disponibili per tutti. Per qualcuno basterebbe diminuire il numero delle bocche da sfamare e risolvere così il problema; ma è una falsa soluzione se si pensa ai livelli di spreco di alimenti e a modelli di consumo che sprecano tante risorse. Ridurre è facile, condividere invece impone una conversione, e questo è impegnativo”. (16 ottobre 2017)
Il paradosso dell’abbondanza. “Il Santo Papa Giovanni Paolo II, nell’inaugurazione, in questa sala, della Prima Conferenza sulla Nutrizione, nel 1992, mise in guardia la comunità internazionale contro il rischio del ‘paradosso dell’abbondanza’: c’è cibo per tutti, ma non tutti possono mangiare, mentre lo spreco, lo scarto, il consumo eccessivo e l’uso di alimenti per altri fini sono davanti ai nostri occhi. Questo è il paradosso! Purtroppo questo ‘paradosso’ continua a essere attuale. Ci sono pochi temi sui quali si sfoderano tanti sofismi come su quello della fame; e pochi argomenti tanto suscettibili di essere manipolati dai dati, dalle statistiche, dalle esigenze di sicurezza nazionale, dalla corruzione o da un richiamo doloroso alla crisi economica. Questa è la prima sfida che bisogna superare”. (20 novembre 2014).
Rubare alla mensa del povero. “La mancanza di alimenti non è qualcosa di naturale, non è un dato né ovvio né evidente. Che oggi, in pieno secolo ventunesimo, molte persone patiscano questo flagello, è dovuto ad una egoista e cattiva distribuzione delle risorse, a una ‘mercantilizzazione’ degli alimenti. La terra, maltrattata e sfruttata, in molte parti del mondo continua a darci i suoi frutti, continua ad offrirci il meglio di sé stessa; i volti affamati ci ricordano che abbiamo stravolto i suoi fini. Un dono, che ha finalità universale, lo abbiamo reso un privilegio di pochi. Abbiamo fatto dei frutti della terra – dono per l’umanità – commodities di alcuni, generando in questo modo esclusione. Il consumismo – che pervade le nostre società – ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale a volte ormai non siamo più capaci di dare il giusto valore, che va oltre i meri parametri economici. Tuttavia ci farà bene ricordare che il cibo che si spreca è come se lo si rubasse dalla mensa del povero, di colui che ha fame. Questa realtà ci chiede di riflettere sul problema della perdita e dello spreco di alimenti, al fine di individuare vie e modalità che, affrontando seriamente tale problematica, siano veicolo di solidarietà e di condivisione con i più bisognosi” (13 giugno 2016)