“La situazione del Paese, provato dall’emergenza sanitaria e dalla conseguente crisi sociale ed economica, è stata al centro dell’analisi e delle riflessioni dei vescovi che si sono articolate attorno a tre parole chiave: speranza, gratuità e ascolto”. È quanto si legge nel comunicato finale del Consiglio episcopale permanente straordinario, che si è svolto on line il 1° dicembre. “In questi tempi dolorosi e difficili, allo sconforto si è aggiunta per molti la paura, che se da un lato ha visto un rinnovato ritorno alla fede e alla preghiera, allo stesso tempo, di fronte al dolore innocente, rischia di scivolare nel timore di pregare invano”, l’analisi dei vescovi, secondo i quali “contro la rassegnazione, la disaffezione, la disperazione, la Chiesa deve essere esempio di unità, di saldezza, di stabilità. È tempo che tutto ritrovi coerenza mostrandosi come esperienza di vita unitaria, in cui si manifesta al mondo il volto di Cristo, pienezza di umanità, quella a cui aspirano uomini e donne oggi, feriti dagli esiti umani e sociali della pandemia”. Se “nulla sarà più come prima”, per la Chiesa italiana “fin da ora è chiaro che dall’emergenza sanitaria si deve uscire con un cuore più aperto a Dio e agli altri, con una fede e una speranza più vive, una carità più operosa e solidale. È l’urgenza di una rinnovata e profonda prassi evangelica delle relazioni e della testimonianza di un umanesimo praticato, che renda di fatto la Chiesa profetica al servizio di un’economia fraterna e di una politica di fraternità. Sono questi gli apporti che contribuiscono ‘dal basso’ al rilancio del Paese e alla ripresa di una società di volti. La rinascita, che tutti auspichiamo e a cui tutti – Pastori, istituzioni politiche, economisti, associazioni laicali – dobbiamo contribuire, non può essere solo economica e sociale, ma anzitutto spirituale e morale”.