Is 52,7-10; Eb 1,1-6; Gv 1,1-18
Durante il doloroso esilio a Babilonia, l’inviato di Dio porta parole di consolazione al popolo, come se l’esilio fosse concluso. Già vede la carovana degli esiliati verso Gerusalemme, preceduta da un messaggero che corre come avesse le ali ai piedi per dare la notizia dell’arrivo dei deportati. Il profeta contempla la scena dall’alto del monte di Gerusalemme: vede il messaggero, in città esplode la gioia, le sentinelle dalle mura scrutano lontano, gli esiliati ritornano da Babilonia e in testa li guida il Signore! Ezechiele aveva visto la gloria del Signore allontanarsi dalla città santa distrutta e seguire il suo popolo in esilio. Ora ritornano insieme. La schiavitù è finita.
La realtà fu diversa. All’arrivo a Gerusalemme il gruppo di esiliati non trovò nessuna esplosione di gioia, ma un’accoglienza fredda, con contrasti fra i residenti e i nuovi arrivati. Il profeta si era illuso? Il popolo cominciò a capire: il ritorno da Babilonia era solo l’immagine di un’altra liberazione che Dio aveva in mente. Bisognava aspettare Gesù. E Giovanni, nel Prologo compone un inno sublime che contiene il seme di tutto lo sviluppo: Gesù inviato del Padre, sorgente di vita, luce del mondo, pieno di grazia e di verità, Unigenito nel quale si rivela la gloria del Padre.
Nella prima strofa Gesù è la Sapienza di Dio, che pianta la tenda in mezzo a noi, che rivela agli uomini il volto di Dio. Egli è la Parola ultima di Dio, la stessa che ha creato il mondo. Questa Parola nel mondo divide la storia in tenebre e luce (dove c’è lui), come una spada. Alla fine la luce avrà la meglio.
La seconda strofa è sulla figura del Battista, vero testimone della luce perché ha saputo riconoscerla e indicarla.
La terza strofa mostra Cristo luce autentica, che conosce il rifiuto e la chiusura. Gli uomini – persino la sua gente – preferiscono l’oscurità. Gesù stesso si meraviglierà dell’incredulità dei suoi conterranei. Significa che la luce non s’impone, lascia liberi di scegliere fra benedizione e maledizione. Chi crede nella luce gioisce e diventa figlio di Dio, un diritto inaudito.
La quarta strofa è il culmine del prologo; parole che oggi ascolteremo in ginocchio, stupiti di fronte a Dio che per amore si spoglia della sua gloria e prende la nostra carne, diviene uno di noi.
La quinta strofa ripresenta il Battista che grida in favore di Gesù.
La sesta strofa è il canto di gioia a Dio per il dono incredibile e inarrivabile. Ora per conoscere il Messia basta contemplare Gesù in quello che fa, che insegna. Soprattutto nel momento più alto della "gloria", sulla croce. In quella il Padre ha detto tutto.
Angelo Sceppacerca