Lunedì 23 novembre si è verificata la deportazione sommaria di 16 minori, che si trovavano su una nave che illegalmente cercava di raggiungere l’isola di Trinidad, nella nazione di Trinidad e Tobago, proveniente dallo Stato venezuelano costiero di Sucre. La denuncia arriva dalla Chiesa venezuelana e dalla rete latinoamericana Clamor, attraverso un comunicato firmato dal card. Baltazar Porras, amministratore apostolico di Caracas e presidente di Caritas Venezuela, da mons. Roberto Lückert León, arcivescovo emerito di Coro Coro, e da mons. Jaime Villarroel, vescovo di Carúpano (Sucre). “I bambini e gli adulti che li accompagnano sono stati lasciati per 48 ore senza una posizione precisa, alla deriva, senza riparo e senza cibo, fino a che non sono tornati alle coste venezuelane. I 16 bambini, in condizioni chiaramente vulnerabili, stavano per ricongiungersi con i genitori che si trovano nell’isola, insieme a nove donne. Le autorità responsabili della deportazione li ha restituiti al mare, a bordo di due barche bestiame che non soddisfacevano le adeguate condizioni di sicurezza pertinenti, esponendo al rischio la vita dei minori e delle donne che li accompagnavano. La deportazione sarebbe stata decisa ed eseguita sommariamente da un tribunale di grado secondario, in violazione di tutte le seguenti norme di diritto internazionale e diritti umani vincolanti per la Repubblica di Trinidad e Tobago”.
A tutto ciò “si aggiungono le dichiarazioni del primo ministro, che stigmatizzano i migranti che sollecitano lo status di rifugiati e li associano ad attività illecite, come il traffico di persone”. Certo, il Tribunale superiore di Trinidad e Tobago ha rivisto e annullato la decisione”, dopo che già si erano concretizzati gli atti lesivi dell’iniziale sentenza, e questo ha consentito ai minori di riuscire a riprendere la rotta d’ingresso in Trinidad e Tobago. La nota vuole “richiamare l’attenzione” dell’opinione pubblica e internazionale sulla condotta delle autorità di Trinidad e Tobago ed esprime “preoccupazione” per le dichiarazioni fatte e per le condotte che “disprezzano la dignità della persona umana”, reclamando una “chiara posizione di condanna” da parte della comunità internazionale. La popolazione civile, specialmente quella più vulnerabile, “non può essere utilizzata come strumento per ilo scontro politico tra Governi”.