Venerdì 20 novembre, dalle 8 alle 18, al Palasport di via Resia. Questa la struttura e la fascia oraria che il Comune di Bolzano ha indicato a chi abita nel mio rione per partecipare allo screening di massa “Test rapidi in Alto Adige” contro la diffusione del coronavirus. Esco di casa di buon’ora, contando di arrivare in anticipo, così da evitare lunghe attese. Alle 7.45 arrivo al Palasport, dove scopro che la mia stessa idea l’hanno avuta più di una cinquantina di altre persone, che ordinate, distanziate e con naso e bocca protetti dalle mascherinae, trovo già in coda davanti a me. Molti altri – anche famiglie con bambini piccoli -, si sono aggiunti nei minuti successivi, tanto che poco dopo la fila si perdeva a vista d’occhio. Code e attese analoghe si sono verificate in ogni parte della città, dove il Comune ha individuato le strutture (in tutto 22) in cui fino a domenica prossima saranno effettuati i test antigenici rapidi organizzati dalla Provincia per fermare la diffusione del Covid-19. Uno screening su scala provinciale deciso per arginare i contagi, che nelle ultime settimane hanno raggiunto proporzioni preoccupanti.
In tutto l’Alto Adige sono 184 le postazioni individuate, con 646 linee di test. La partecipazione allo screening è volontaria. In questi giorni la Provincia ha portato avanti una campagna di sensibilizzazione capillare, volta a incoraggiare la gente a partecipare a questo progetto. E gli altoatesini hanno risposto numerosi.
Alle 16 si sono sottoposte al test 82.970 persone (15% della popolazione totale) – la media è di circa 11mila test all’ora –, di cui 1.256 sono risultate positive asintomatiche (1,5% dei testati).
Un’affluenza, quella registrata nelle prime ore di venerdì, che ha superato le attese degli organizzatori dello screening. Non sono mancate le difficoltà, soprattutto nella comunicazione degli esiti del test. “Gli informatici sono al lavoro per ottimizzare le procedure e siamo fiduciosi di poter migliorare la situazione – afferma il direttore dell’Azienda sanitaria Florian Zerzer -. Gli esiti saranno comunicati ai cittadini entro un giorno”.
Nelle ultime 24 ore in Alto Adige 8 sono le persone morte a causa del Covid-19 e altri 736 sono i nuovi casi positivi. In provincia di Bolzano il totale delle vittime del coronavirus sale a 446, mentre i casi di infezione accertati dall’inizio dell’emergenza sanitaria sono 20.117. Più di 10mila sono le persone in isolamento domiciliare (pari a circa il 2% dell’intera popolazione), 329 i pazienti ricoverati nei normali reparti ospedalieri, altri 139 sono assistiti nelle strutture private convenzionate. Ad essere assistiti in terapia intensiva sono attualmente 38 pazienti. Altre 111 persone sono in isolamento nelle strutture allestite a Colle Isarco e Sarnes.
Numeri, quelli del contagio da Covid-19 in Alto Adige, che assomigliano a un bollettino di guerra. Soprattutto in questa seconda ondata, tanto imprevista quanto violenta. Che ha fatto irruzione nella vita di molte persone. In tanti hanno fatto l’amara scoperta che il virus era più vicino di quanto si potesse anche lontanamente immaginare. E forse anche questo sta incoraggiando in queste ore le persone a dare il proprio contributo per cercare di arginare la diffusione del contagio.
Un gesto di responsabilità e di amore nei confronti di se stessi, delle persone che vivono accanto a noi (che non di rado sono persone anziane o malate e quindi più fragili di fronte agli assalti del virus), e di tutta la società.
Scegliere volontariamente di partecipare allo screening di massa – con la paura, magari, di essere scoperti positivi asintomatici e di essere costretti a dieci giorni di quarantena in casa – ci offre anche la possibilità di prendere coscienza della nostra fragilità, che è una parte della nostra natura umana, che spesso sottovalutiamo. Ci fa comprendere l’importanza che ha il mantenere lo sguardo vigile di fronte al pericolo e di rispettare le regole di prevenzione del contagio che da mesi sono entrate a far parte del nostro quotidiano.
Ho aspettato un’ora e un quarto questa mattina, al fresco (la temperatura rasentava gli 0°C) prima di poter fare il test rapido. Con me, in fila, c’erano anche tanti genitori con i loro figli. Bambini e ragazzi ai quali oggi le loro mamme e i loro papà hanno fatto vedere e vivere in prima persona cosa significa fare rete, impegnarsi e dare il proprio contributo per un progetto comune, che ha come fine il bene di tutti. Indistintamente.