Una vivace tavola rotonda su democrazia e ambiente ha segnato l’apertura del Forum mondiale della democrazia, appuntamento annuale organizzato dal Consiglio d’Europa, in versione virtuale e spalmata su 12 mesi in questa nona edizione. “La democrazia può salvare l’ambiente?” è la domanda, posta dal giornalista Alex Taylor agli interlocutori Virag Kaufer, di Green Peace, Dominique Bourg, dell’Università di Losanna e Aron Cramer della “Business for social responsibility”. Le risposte sono state armoniche nella loro diversità: le democrazie del mondo sono oggi “fragili”, i legami tra oligarchie economiche e classe dirigente “troppo stretti” (anche a livello di Unione europea), l’agenda delle democrazie rappresentative (cioè l’aumento della ricchezza) con priorità “opposte a quelle della causa ambientale”. La via d’uscita rispetto a questi scacchi sistemici sarà la “sinergia tra cittadini, attori economici e Stati”; la possibilità che “emerga dal basso una nuova leadership” e che “l’azione ambientale ringiovanisca le democrazie, senza innalzare barriere”. Perché i cittadini siano attori anche oltre il loro voto, elementi determinanti sono l’“informazione”, l’“educazione” a partire dal livello scolastico, l’“azione personale” attraverso nuovi “stili di vita”, ma anche il “ricorso ad azioni nei tribunali”.
Le politiche ambientali devono essere un connubio di “innovazione tecnologica e comportamentale” e per essere efficaci ed accettabili devono essere “politiche di giustizia ambientale”. Sollecitati a concludere con una nota positiva, i tre interlocutori hanno evidenziato che “se si spiegano le cose, le persone cambiano i loro comportamenti”; ci sono giovani che sanno unire “cultura, intelligenza e inventività nel loro fare impresa sostenibile, e questo genera il cambiamento”; a differenza di quanto avvenuto durante la crisi economica del 2008-2009, in quella che stiamo vivendo la preoccupazione ambientale è andata avanti, non è stata accantonata.