Una differenza biologica, riaffermata più volte dalla scienza, contro le settanta identità diverse proposte da Facebook. In questi anni nel Regno Unito è toccato alla Chiesa cattolica difendere una verità condivisa da molti: che essere uomo o donna non è soltanto una costruzione culturale, ma un dato di realtà.
In Gran Bretagna il gender – pericolosa “colonizzazione ideologica”, come l’ha definito Papa Francesco – occupa da anni spazi importanti, come le lezioni di educazione sessuale, sostenendo che tocca a noi, fin da bambini, scegliere una certa identità sessuale. Ma quest’anno, alla fine di settembre, per la prima volta, si registra un cambiamento di tendenza. Il ministero dell’Istruzione infatti ha pubblicato nuove linee di guida secondo le quali è sbagliato ritenere che un bambino potrebbe appartenere a un sesso diverso soltanto in base ad alcune preferenze da lui o da lei manifestate.Tra le realtà che hanno accolto favorevolmente “il nuovo approccio” peraltro “salutato come una vittoria” quella del mondo femminista inglese. “Certo si tratta di uno sviluppo positivo – spiega Caroline Furrow, commentatrice cattolica –, ma va sottolineato che queste nuove policies non sono obbligatorie e che la colonizzazione della popolazione scolastica da parte del gender purtroppo sta continuando”.
Nelle nuove indicazioni si legge: “Non si possono rafforzare dannosi stereotipi di genere suggerendo, per esempio, che i bambini potrebbero appartenere a un genere diverso basandosi sulla loro personalità, sui loro interessi, sui vestiti che preferiscono indossare”.Secondo Furrow l’opinione pubblica, nel Regno Unito, è molto preoccupata dell’impatto che l’ideologia gender può avere su bambini e ragazzi. Una preoccupazione che ha fatto breccia tra i responsabili del ministero dell’Istruzione cui si deve l’adozione di questo nuovo atteggiamento.
I dati fin qui registrati sono impressionanti. Negli ultimi cinque anni i minori inviati dai medici alla clinica Tavistock, l’unica nel Regno Unito dove al momento è possibile cambiare sesso, sono passati da 468 a 2.519, con un aumento di oltre il 400%. Si è anche abbassata l’età.
Ormai a cambiare sesso sono centinaia di bambini di appena dieci o undici anni.
Situazioni problematiche che a loro volta generano problemi trasformandosi a volte in veri e propri casi mediatici di rilevanza nazionale. Come ad esempio il caso di Keira Bell che ha aperto una causa contro la Tavistock, accusando la struttura sanitaria di averla sottoposta, appena sedicenne, a bloccanti ormonali e mastectomia senza un adeguato counselling.
“Moltissimi genitori sono preoccupati di questa situazione e, per questo motivo, il ministero dell’Istruzione ha deciso di cambiare atteggiamento – continua Furrow – anche perché la diffusione dell’ideologia di genere continua ad essere proposta nelle scuole, in particolare nella parte del programma scolastico intitolata “Relationships”, “Rapporti”. È una sezione del curriculum obbligatoria per gli studenti e dalla quale i genitori non possono far esonerare i figli. I presidi, dal canto loro, non sanno come affrontare questa materia e chiamano esperti per formare gli insegnanti cercando materiali didattici presso associazioni come Stonewall, che è la più importante charity transgender europea”.
“L’aspetto orribile del gender – sottolinea Furrow – è che tende a far diventare una patologia comportamenti infantili normalissimi partendo da stereotipi, trasformandoli in vere e proprie patologie bisognose quindi di un trattamento medico. E così, se una bambina è per così dire ‘un maschiaccio’ e magari ama anche le scienze e i dinosauri, si comincia subito a pensare che forse si trova nel corpo sbagliato. Si inizia a chiamarla con pronomi maschili e da lì, ad arrivare ai bloccanti della pubertà e ai trattamenti ormonali, il passo è davvero breve. Appena un ragazzo o una ragazza esprime qualche dubbio si pensa subito al cambiamento del sesso e i genitori spesso vengono tenuti all’oscuro”.
“Insomma – conclude Furrow – non c’è spazio per quella ricerca della propria identità sessuale che è normale nell’adolescenza e chi si oppone a questo approccio viene tacciato di bigottismo e intolleranza”.