Pr 8,22-31; Rm 5,1-5; Gv 16,12-15
Spiegazione dell’Icona
Sporge dall’alto la mano aperta di Dio Padre, da cui proviene ogni dono e ogni bene. Dal suo nimbo di gloria piovono fasci di luce sulle persone della Santa Famiglia e discende su Maria il fuoco dello Spirito Santo. In asse con la mano del Padre e la fiamma dello Spirito, si erge in piedi, in grembo a Maria seduta, e cammina sulle mani di lei verso di noi Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, fissando lo sguardo intenso su di noi, mentre con la mano sinistra scosta il manto protettivo della Madre e con la destra mostra il rotolo del Vangelo, che viene ad annunciare. Anche Maria ci fissa con i suoi grandi occhi, mentre con le mani aperte ci dona Gesù. Accanto a lei san Giuseppe, suo sposo, in piedi rivolge lo sguardo a Dio Padre, per poterlo degnamente rappresentare sulla terra, interpretando fedelmente la sua volontà. Ogni paternità sulla terra ha la sua origine nella paternità in cielo e a quella è chiamata a conformarsi.
Benedetto XVI, nella festa della Santa Famiglia (2009) ha detto: "Dio è Trinità, è comunione d’amore, e la famiglia ne è la prima e più immediata espressione. L’uomo e la donna, creati a immagine di Dio, diventano nel matrimonio un’unica carne, cioè una comunione di amore che genera nuova vita. La famiglia umana è icona della Trinità sia per l’amore interpersonale, sia per la missione di procreare la vita".
Il vescovo teologo Bruno Forte ha spiegato come si può parlare della Trinità a partire dalla storia dell’evento pasquale di morte e resurrezione di Gesù. In questa storia si affaccia un’altra storia, quella di Dio che proprio nell’evento pasquale si è rivelato come Amore. Pensare Dio in modo trinitario (come Padre, Figlio e Spirito) significa pensare Dio dall’interno di Dio, e cioè credere al fatto che noi siamo inclusi nella Trinità grazie alla salvezza donataci dal Figlio fatto uomo e dallo Spirito che ci divinizza. Chi vuole imparare ad amare e ne cerca la forza deve tornare nella patria e nella storia eterna dell’amore, che è la Trinità. Così il poeta Kahlil Gibran: "Quando ami non dire: ho Dio in cuore, ma piuttosto: sono nel cuore di Dio".
Anche sant’Agostino usava l’analogia dell’amore per accostarsi al mistero della Trinità: l’eterno Amante (il Padre) ama l’eterno Amato (il Figlio) e ne è riamato nell’Amore eternamente ricevuto e donato (lo Spirito).
L’amore è distinzione. L’amore di Dio si spinge fino ad accettare la possibilità del nostro non-amore. Questo possibile non-amore, divenuto realtà nel dramma del peccato, non lascia indifferente chi ama. L’amore diventa vulnerabile. E così amore e sofferenza risultano strettamente legati.
L’amore è unità. Il Figlio, che è presso il Padre fin dal principio è uno con Lui e ci partecipa questa stessa unità attraverso la sua incarnazione, passione, morte e resurrezione. E lo Spirito è il vincolo personale di comunione.
Lo Spirito Santo è il protagonista nel Vangelo di oggi. È il soccorso alla nostra debolezza. Chiediamolo in aiuto per la nostra vita che non riesce a portare molti pesi. Chiediamolo anche come perdono per i pesi che carichiamo sulle spalle degli altri. "Lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità". La verità è la relazione d’amore fra Padre, Figlio e Spirito Santo; questa è anche la nostra verità; non ce n’è altra.
Angelo Sceppacerca