“Dolore e forte preoccupazione per la ripresa del conflitto nel Nagorno-Karabakh, dove da più di un mese stanno perdendo la vita numerosi civili e cresce il numero degli sfollati”. Li esprime oggi la Comunità di Sant’Egidio lanciando “un appello alle due parti in conflitto perché tornino in sé stesse e siano consapevoli che non esiste altra soluzione al loro contenzioso se non nel dialogo. Si tratta certamente di una strada difficile ma è l’unica suscettibile di dare pace ai due popoli per sempre”. “La violenza dei combattimenti ha svuotato intere aree, distrutto città e villaggi senza risparmiare nemmeno i luoghi di culto, tra cui in particolare la cattedrale di Gazancec’oc’, fatta oggetto di tiri diretti e insensati”, osserva Sant’Egidio, sottolineando che “la ripresa della guerra dopo oltre vent’anni di tregua è avvenuta a pochi mesi dall’incontro tra i due leader armeno e azero alla conferenza sulla sicurezza di Monaco (febbraio 2020) che aveva lasciato sperare in un clima diverso”. “Ciò – secondo la Comunità – dimostra che un conflitto soltanto congelato non è mai risolto. La responsabilità della comunità internazionale a questo livello è grande. Si tratta di un circolo vizioso che non produrrà nessun esito ma soltanto le condizioni per una ripresa della guerra in avvenire”. “Il popolo armeno, che serba la memoria dolorosa delle stragi subite all’inizio del secolo scorso, teme di essere lasciato in una condizione di solitudine. Bisogna aiutare le due parti a superare la logica del conflitto”, prosegue Sant’Egidio che chiede di “salvaguardare la vita dei civili e in particolare dei più fragili, risparmiando anche i luoghi religiosi – testimonianza della vita delle generazioni precedenti in una terra da troppo tempo martoriata dalla sofferenza – e di costruire le basi per un futuro di pace. Tale è il compito che la comunità internazionale deve oggi assumersi senza indugio”.