La richiesta di prove evidenti che giustifichino la decisione presa ieri dal governo di vietare anche la celebrazione dei culti religiosi pubblici. “Per contrastare il virus, come società, dovremo fare sacrifici nei prossimi mesi. Nel richiederlo, il governo ha la responsabilità di mostrare perché ha preso decisioni particolari. Non farlo rischia di erodere l’unità di cui abbiamo bisogno mentre stiamo entrando in un periodo molto difficile per il nostro Paese”. È quanto scrivono in uno statement il presidente e il vicepresidente della Conferenza episcopale inglese, card. Vincent Nichols e l’arcivescovo Malcolm McMahon, diffuso ieri sera, immediatamente dopo l’annuncio fatto in tv dal premier Boris Johnson. A partire da giovedì prossimo e fino al 2 dicembre, l’Inghilterra entra purtroppo in un secondo lockdown nazionale, nella speranza poi di riuscire in qualche modo a “salvare” il Natale. Il governo ha pubblicato la sua nuova guida alle restrizioni nazionali sul proprio sito web. Sebbene non ci sia stato alcun annuncio formale sui luoghi di culto da parte del primo ministro, nelle linee guida pubblicate, c’è una chiara indicazione sui luoghi di culto che saranno tenuti a porre fine a tutti gli atti di culto collettivo, ad eccezione delle cerimonie funebri. “L’annuncio di un nuovo lockdown nazionale in Inghilterra – scrivono i due rappresentanti dei vescovi inglesi – porterà difficoltà, angoscia e sofferenza a molti. Dobbiamo sperare e pregare che questa sia una strategia efficace contro una pandemia crescente che tragicamente ha già ucciso così tante vite umane e ne minaccia molte di più”. Gli arcivescovi ricordano il ruolo svolto in questi mesi dalle comunità di fede nel sostenere i fedeli e incoraggiare azioni di sostegno a favore soprattutto delle fasce più vulnerabili della popolazione. Si tratta di un servizio al “bene comune” che è stato possibile anche perché sostenuto dalla preghiera e dalla celebrazione del culto. “Le nostre comunità hanno fatto molto per rendere le nostre chiese luoghi sicuri in cui tutti hanno potuto riunirsi in modi controllati e disciplinati”, scrivono Nichols e McMahon. “È quindi fonte di profonda angoscia il fatto che ora il governo richiede, ancora una volta, la cessazione del culto pubblico comunitario. Pur comprendendo le molte difficili decisioni che il governo deve affrontare, non abbiamo ancora alcuna prova che attesti il divieto del culto comune come una parte attiva alla lotta al virus”. Il primo ministro ha dichiarato che il progetto di legge sarà presentato oggi al Parlamento. Ci sarà quindi in quella sede l’opportunità di discutere le questioni e votare sulle restrizioni nazionali proposte. I due arcivescovi chiedono in questo brevissimo lasso di tempo, ai membri del Parlamento di chiedere al governo le ragioni e i dati che lo hanno portato a decidere di mettere, tra le restrizioni, anche la cessazione del culto pubblico.
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