“Sono quasi 9mila gli impoveriti da Covid che si sono rivolti ai centri di ascolto della Caritas Ambrosiana nelle diocesi di Milano nei tre mesi del lockdown. Sono per lo più donne, immigrati, hanno un’età compresa tra i 35 e i 54 anni e una bassa scolarità”. Una lunga nota stampa diffusa dalla Caritas di Milano fa il punto sulla situazione in diocesi. “Un terzo di loro – vi si legge – non è stato in grado di assolvere alle necessità familiari più elementari, dalla spesa alimentare al pagamento di bollette e affitti, anche se ha avuto diritto alla cassa integrazione”. I dati emergono dall’ultimo rapporto “La povertà nella diocesi ambrosiana” che è stato presentato oggi nel corso di un incontro on line. Luciano Gualzetti, direttore della Caritas Ambrosiana, ha osservato: “Gli ammortizzatori sociali si sono rivelati strumenti troppo deboli e inefficienti. Le indennità sono arrivate troppo tardi e sono state comunque troppo modeste per il costo della vita specie a Milano. In vista di nuove chiusure che si profilano per contenere la nuova ondata di contagi andrà tenuto presente. Se non vogliamo che la crisi sociale esploda in maniera conflittuale dovremo rivedere il sistema di aiuti”. Secondo l’indagine, tra il 25 marzo e il 31 luglio 2020 si sono presentate in 84 centri di ascolto della Caritas Ambrosiana 1.774 persone “che hanno visto drammaticamente peggiorare la loro condizione a causa delle misure contenimento del virus”. Proiettando questo numero sul totale dei centri di ascolto (390) “è possibile stimare che siano poco meno di 9mila (8.870) le vittime collaterali del lockdown che devono ricorrere alla rete di assistenza della Caritas”.