Ger 23,1-6; Ef 2,13-18; Mc 6,30-34
Prima la vita in comune – dei discepoli con Gesù – e poi l’insegnamento. Le folle erano attirate dal suo insegnamento proprio a motivo di quella vita che vedevano e toccavano accanto a lui, diversa dal solito, ma del tutto concreta. È la nuova vita secondo il Vangelo.
I discepoli si ritrovano col maestro e raccontano quello che è successo, quello che hanno fatto e detto. È necessario riprendere fiato; manca persino il tempo di mangiare, tanta è la gente che li assale. E il Signore li porta in un luogo tranquillo, un ritiro nel deserto, raggiunto in barca. La folla capisce e li precede per altre vie. Da qui la meraviglia del Signore e il suo sguardo pieno di compassione per quelle pecore senza pastore e, commosso per quella povertà, ricomincia a insegnare. Gesù non guarisce, ma distribuisce la Parola, preannuncio di Eucaristia.
Gesù non sembra dare troppa importanza alle cose fatte dai discepoli; più urgente è l’invito a riposare consegnandosi a Lui: forma altissima di preghiera e sola cosa necessaria. Lui è il solo pastore, e anche i dodici sono pecore. Poi c’è tutta la folla, che ha commosso il Signore e che va guardata con i suoi stessi occhi. Quelli del buon pastore che vede il gregge, ne ha compassione e pian piano lo conduce: si mise ad insegnare. Da questa Parola scaturisce tutto il resto.
Il risultato della missione dei discepoli è sotto gli occhi di tutti, in quella gente che non lascia neppure il tempo per mangiare e li fa sentire realizzati, veri pescatori di uomini. La Chiesa missionaria di dopo sarà così, farà e insegnerà come Gesù. C’è legame tra insegnamento e formazione di un popolo: da un gregge senza pastore e disperso a un popolo riunito e saziato dalla Parola e dal pane eucaristico. Dopo, solo dopo, ci si potrà concedere il tempo per mangiare e riposarsi.
Il Vangelo non riporta il contenuto dell’insegnamento di Gesù perché esso è la persona di Gesù.
Angelo Sceppacerca