“La mia prima sensazione quando ho letto il nome dei Paesi elencati nella lista del Papa nella preghiera per la pace, è stata di grande gratitudine: è come se guardassi negli occhi i tanti bambini, le donne, i giovani e gli adulti sfollati interni da Cabo Delgado, nel nord del Mozambico, e sentissi che sono amati dal Signore perché qualcuno grida a gran voce per loro”. Così suor Rita Zaninelli, missionaria comboniana a Nampula, in Mozambico, commenta l’appello che il Pontefice, assieme ai leader religiosi di diverse confessioni, ha lanciato il 20 ottobre scorso al mondo intero, chiedendo di pregare e agire per la pace.
Francesco ci incoraggia. “Per me l’attitudine del Papa è proprio quella di dare voce a chi non ce l’ha e non è considerato. Ci possono essere Ong, associazioni e anche agenzie dell’Onu qui, ma per gli avvenimenti tragici di questo popolo, Papa Francesco è la luce, la voce”, aggiunge suor Rita, raggiunta dalla redazione di Popoli e Missione. “Il Papa prega, grida, telefona, scrive il nostro nome… Gli altri non lo fanno”. Sottolinea ancora: “Francesco ci incoraggia. Ripeto: il Papa è la voce di chi non ha più voce. Di chi è già morto e i morti continuano a gridare. Una voce di speranza, di forza”.
Sfruttamento e violenze. Nel nord del Mozambico, sulla costa, da oltre due anni i gruppi armati di matrice jihadista stanno allontanando con la violenza (uccidendo centinaia di persone) gli abitanti dei villaggi di Cabo Delgado, regione molto ricca di gas naturale e minerali. Gli sfollati interni si stanno riversando a migliaia nella regione centrale di Nampula, dove le comboniane vivono e operano da sempre. “Il Papa è il buon pastore che geograficamente parlando è molto lontano da noi, ma in realtà rimane vicino a un popolo che soffre una situazione complessa sulla quale non si riesce a mettere un punto. A chiuderla”, conclude la missionaria.
(*) “Popoli e Missione”