Il popolo cileno manda in soffitta la Costituzione del 1980, ultima ingombrante eredità del regime di Pinochet, con una partecipazione molto alta al plebiscito di ieri, in cui si chiedeva ai cittadini se erano d’accordo di dare vita a una nuova Costituzione, in seguito alle proteste popolari che avevano avuto inizio un anno fa.
La giornata si è svolta pacificamente ed è stata caratterizzata da file ordinate ai seggi. Circa il 50% la percentuale dei votanti, alta per la “media” delle elezioni cilene. A scrutinio quasi ultimato (oltre il 99,8% dei seggi), il Sì alla Costituente è al 78, 27%, il No al 21, 73%. I cileni hanno espresso anche una preferenza netta sulla modalità attraverso cui scrivere la nuova Costituzione. A farlo sarà un’assemblea costituente appositamente eletta a suffragio universale il prossimo 11 aprile, secondo l’indicazione del 78,9%. Largamente minoritaria, dunque, l’altra ipotesi: quella di scrivere la nuova Carta attraverso un’assemblea mista composta per la metà da parlamentari e per un’altra metà da membri eletti.
“È realmente un giorno storico per il Cile”, spiega al Sir il professor Luis Horacio Franco Gaviria, docente in Filosofia morale e politica all’Università del Cile, che aggiunge: “La scelta dell’Assemblea costituente era appoggiata soprattutto dalle forze di sinistra, dai socialisti e dal Frente amplio, mentre il centrodestra del presidente Piñera avrebbe preferito la formula mista”. Il risultato, in ogni caso, con ogni evidenza, mostra una forte volontà della cittadinanza di carattere trasversale. Quella attuale, secondo il docente “è una Costituzione da superare, che protegge la parte istituzionale e i poteri forti in modo fortissimo, rispetto ai comuni cittadini. Basti pensare il i poteri del Presidente della Repubblica sono grandissimi, in pratica i più forti di tutto il continente”.
La nuova Carta, dovrà dunque, dare più spazio alle diversità del Paese, ai diritti di tutti e soprattutto dei più deboli e meno garantiti, prosegue il prof. Franco Gaviria, autore del libro, da poco uscito, “Libertad politica, multiculturalidad y derechos humanos” (Libertà politica, multiculturalità e diritti umani): “Da un lato questa è una grande occasione per dare dignità ai popoli indigeni, pensiamo alle rivendicazioni dei mapuche. Per esempio, in Colombia, il mio Paese d’origine, le popolazioni indigene hanno dei diritti in Costituzione e dei seggi riservati in Parlamento. Qui non avviene. E quella cilena è una Costituzione che non dà diritti agli stranieri, ai migranti”. Certo, ci vorrà tempo. La Costituente avrà almeno nove mesi di tempo per lavorare e la nuova Costituzione non vedrà la luce prima del 2022. “Per questo non sarà facile rispondere subito alle attese di chi chiede un maggiore accesso alla sanità, all’istruzione, una maggiore equità sociale”. Insomma, le proteste sociali potrebbero continuare, anche se, conclude il docente, “non vedo una relazione diretta tra il dibattito politico in corso e le violenze durante le manifestazioni, portate avanti da gruppi anti-sistema”.