Con la determina 998 dello scorso 8 ottobre, l’Aifa ha abolito anche per le minorenni l’obbligo di ricetta per l’acquisto di EllaOne, la cosiddetta pillola dei 5 giorni dopo. Quale impatto psicologico può avere su una ragazzina di 13-14 anni trovarsi a gestire da sola una situazione così impegnativa? E quali conseguenze immediate e a lungo termine? Lo abbiamo chiesto a Cristina Cacace, psicologa e psicoterapeuta che da anni si prende cura di ragazze e donne che hanno vissuto l’esperienza traumatica di un aborto volontario, chirurgico o tramite Ru486. Situazioni ovviamente diverse, ma che tutte, secondo l’esperta, provocano una profonda ferita con esiti anche nel lungo periodo.
“Disposizioni come quella dell’Aifa non aiutano certo un’adolescente a comprendere la gravità del gesto che andrà a compiere, né l’importanza di avere comportamenti responsabili – esordisce la dottoressa -. Questo tipo di liberalizzazione finisce per appiattire, normalizzare, banalizzare tutto. Oggi le ragazzine iniziano giovanissime ad avere rapporti sessuali, lo ritengono normale, e le gravidanze adolescenziali aumentano perché nonostante sia tutto accessibile a livello informativo, non si accostano alla sessualità in modo responsabile, con la maturità emotiva necessaria a comprenderne le implicazioni e non si proteggono, sono sprovvedute. Decisioni come questa dell’Aifa mi preoccupano molto perché finiscono per far passare un
messaggio fuorviante che non fa percepire la realtà e il valore della posta in gioco”.
Quali potranno essere le conseguenze sul piano dello sviluppo emotivo e psicologico di ragazzine così giovani?
Non siamo in grado di prevederlo ma certamente sappiamo che non impareranno ad avere comportamenti responsabili, a proteggersi e ad avere rispetto di sé. Diventerà “normale” come prendere una pillola per il mal di testa, perché avremo generazioni di giovani donne che si confronteranno con questa possibilità senza fermarsi a pensare, sentire, comprenderne realmente il significato
Lei lavora molto sul trauma conseguente all’aborto, in particolare quello correlato all’aborto volontario.
Sì. Seguo ragazze e donne che lo hanno effettuato, ma si tratta soprattutto di aborto chirurgico, che è e sempre un trauma. Alcune realizzano subito la gravità del gesto compiuto e sono prese da angoscia, disperazione e da tutti gli altri disturbi conseguenti al trauma. Stanno talmente male che cercano aiuto. Altre donne invece si dissociano da questo evento traumatico mettendo in atto un processo di rimozione come meccanismo di difesa e continuano per anni a vivere come se non fosse accaduto nulla, salvo poi “svegliarsi” e iniziare a stare male dopo parecchi anni.
Dissociarsi: è il rischio che possono correre anche le adolescenti con il via libera alla pillola dei 5 giorni dopo?
Il rischio è che dopo averla assunta una prima volta, dal momento che vengono sollevate dal disagio di doversi attivare per capire come fare per ottenerla, di dover chiedere al medico la prescrizione, queste ragazzine inconsapevoli tendano a farlo ogni volta che ne ravvisano la necessità, dissociandosi totalmente da quello che fanno, senza percepirne la gravità. Temo insomma si vadano ad alimentare forme di incapacità a rimanere in contatto con la realtà e con il proprio mondo emotivo in virtù di una “normalizzazione”, che in fondo rappresenta il fallimento di tutte le agenzie educative. Comportamenti come questo possono indurre uno scollamento molto marcato tra il proprio mondo emotivo e ciò che si fa. Nel tempo può portare ad attacchi di panico, forme depressive che se non sono pesanti sul piano emotivo come un disturbo da stress post-traumatico, portano però ad un appiattimento totale di tutto il mondo interno. Allontanare certi eventi dalla coscienza, rimuoverne emozioni e stati d’animo accumulandoli nel tempo produce una sorta di “anestetizzazione” generale. Questo è l’aspetto più grave: l’anestesia delle emozioni e del proprio mondo interiore va ad appiattire tutta quella dimensione ricca e del tutto unica che caratterizza ogni essere umano, andando a creare una sorta di limbo, una zona grigia, dove a lungo andare tutto è uguale e nulla è importante.
Che cosa si sarebbe dovuto fare e non è stato fatto?
Anziché liberalizzare EllaOne, sarebbe stato più utile e costruttivo investire maggiormente sul piano psico-educativo creando uno spazio di ascolto e di riflessione, oggi del tutto assente, nei consultori. Il problema è a monte. Del resto, durante il mio percorso di studi universitari, tutto ciò che riguarda la psicologia della femminilità, compresa la psicologia della gravidanza, non era prevista. Io ho approfondito questo ambito per mio interesse personale, ma è oggettivamente una grave lacuna. Manca un’adeguata formazione sugli aspetti educativo-formativi, sulla capacità di aprire un dialogo per far riflettere queste ragazze sulla propria identità, sul valore che attribuiscono a se stesse e sul tipo di relazione che intendono instaurare con un ragazzo. Questa decisone dell’Aifa è in fondo lo specchio di una società che ha rinunciato totalmente a educare, a insegnare ai ragazzi a credere in se stessi e ad avere dei valori.