III Domenica di Avvento

Is 61,1-2.10-11; 1Ts 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28

I giudei che interrogano Giovanni sono i capi religiosi in polemica con Gesù, sono gli avversari, i rappresentanti del mondo che non crede. Sono distinti dagli israeliti, che invece ascoltano la parola e sono il resto d’Israele che attende il Messia. I giudei, dunque, pongono a Giovanni la fondamentale domanda della sua identità: Tu chi sei? Giovanni confessa di non essere il Cristo, il Salvatore atteso da Israele. Egli non è Elia o il Profeta. Al disorientamento dei suoi interlocutori presenta se stesso come la voce di uno che grida nel deserto e prepara la via al Cristo, vera salvezza. Egli è la voce; non richiama l’attenzione su di sé, ma su colui che sta per arrivare.

Giovanni Battista porta in sé tutta la profezia del primo Testamento e indica, con la sua testimonianza, la presenza del Messia. È lo stesso compito che abbiamo anche noi, oggi, chiamati a testimoniarlo presente tra noi e nella storia dell’umanità. Più vicino è il Messia, più si fa piccola la figura del profeta perché la sua testimonianza vuole essere tutta e solo indicazione del Cristo. Questo è il senso del voler scomparire del Battista, del suo "non essere" che una voce. Giovanni sente di dover diminuire perché il Signore Gesù è in mezzo a noi. Anche i gesti e le azioni del Battista, confermano le sue parole. Il Battesimo di Giovanni è tutt’altro rispetto a quello del Signore: questo è di acqua, quello è di spirito e fuoco.

Il più grande profeta è anche il più umile nella conoscenza. Giovanni ha il compito di parlare a favore della luce. Lo dice il suo stesso nome, Giovanni, e il padre, Zaccaria, lo canta nei secoli col suo Benedictus: Dio è pieno di amore misericordioso per tutta l’umanità. L’umiltà e la fedeltà del Battista sono esemplari: egli allontana l’attenzione e lo sguardo da sé per orientare tutti verso il Signore, verso il grande sconosciuto che vive tra gli uomini e che essi non conoscono.

Gesù è luce, autentica e perfetta; la sola che esaudisce le aspirazioni e dà senso a tutte le altre luci sulla scena del mondo. È luce nell’intimo dell’essere come presenza e salvezza. È il motivo per cui questa è detta la domenica della gioia. Gioia per tutta la Chiesa in missione di speranza verso ogni povertà dell’uomo.

Angelo Sceppacerca