Ho avuto la fortuna di trovarmi ad Assisi lunedì 12 ottobre, giorno dell’inaugurazione della memoria liturgica del beato Carlo Acutis, giorno corrispondente al suo trapasso da questo mondo al Cielo. Con una manciata di ragazzi domenica pomeriggio abbiamo preso e siamo partiti, per vedere, incontrare, quanto di questo ragazzo santo è ancora qui, mentre lui, la sua persona giunta alla piena fisionomia di figlio di Dio, si trova davanti al Padre.
È molto importante che gli adolescenti e i giovani conoscano questo ragazzo che ora è in Cielo; è altrettanto importante, però, che possano sentirlo vicino, che possano cioè vedere in lui una possibilità di santità per loro.Il che non avverrà, se chi ne parla nella Chiesa lo ridurrà a un santino oleografico da leggenda aurea cinquecentesca.
Se tu prendi un quindicenne che ha vinto la paura della morte, e lo riduci alla descrizione delle sue devozioni, in che modo egli potrà essere significativo per i suoi coetanei di oggi? In che modo un adolescente del 2020, la cui anima è perennemente tartassata da violenza, pornografia, assenze parentali, esposizione ai consumi, accelerazione dell’esperienza può ritrovarsi nell’esempio di Carlo Acutis, se di quest’ultimo si insiste solo sul fatto che diceva sempre il rosario?
Dobbiamo ammetterlo, la Chiesa non riesce a parlare alle nuove generazioni. Non ne coglie effettivamente le categorie fondamentali, quelle entro cui andrebbe trovato un linguaggio in comune mediante cui annunciare anche a loro, oggi, il Vangelo.
E allora, santo cielo,
raccontiamo di Carlo cose che possono colpirli, questi ragazzi,
e cioè che era un appassionato del web, e usava internet come strumento di diffusione della fede, e che quando è morto hanno fatto ricerche approfondite sulle cronologie delle sue navigazioni, e non hanno trovato neppure il minimo cenno di pornografia: sì, ragazzi, si può usare internet in modo pulito!
E diciamo anche che era di famiglia ricca, e aveva girato il mondo, e faceva sport, e andava bene a scuola… ma che tutto questo, che tanti vorrebbero per sé, lui non lo considerava niente di che rispetto al suo viaggio interiore, alla sua relazione con Dio.
Sì, ragazzi, ci sono cose migliori anche rispetto alle migliori che possiate immaginare, rispetto a quello che “si dice” che conti.
E che era un bel ragazzetto, e ciononostante sentiva la vocazione al sacerdozio, e ancor di più alla santità, cioè alla gioia: sì, ragazzi, si può diventare preti senza essere degli sfigati.
E che siccome aveva accettato di compromettersi fino in fondo con Dio, e di tuffarsi in quelle acque profonde del Mistero, quando è arrivata la morte l’ha accolta serenamente, e vincendo la paura della morte ora vive per sempre in Dio.
Sì, ragazzi, si può smettere di avere paura.
Questi sono alcuni punti di partenza da cui forse dovremmo dare l’avvio nel proporre ai più giovani uno di loro che è diventato santo come modello e segno di speranza anche per loro. Perché, come scrivevo all’inizio, lunedì ero ad Assisi… ma i giovani presenti alla celebrazione del mattino erano solo quelli portati da me, in un mare di persone anziane.
Se non cambieremo approccio e lessico, rischiamo di parlare solo a noi stessi, escludendo le nuove generazioni dalla gioia del Vangelo, e allora esempi luminosi come il beato Carlo Acutis andrebbero sprecati, e sarebbe davvero un peccato.