Gen 3,9-15.20; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38
La solennità dell’Immacolata cade nel periodo di Avvento-Natale, unendo l’attesa del Messia e della salvezza con la venuta di Cristo nella carne dell’uomo e incastonando fra loro la memoria della Madre, la tutta santa. Il Vangelo di oggi mette in relazione la maternità verginale di Maria con la sua Immacolata Concezione: il primo prodigio è unito al secondo inaudito dono di grazia. In entrambi i casi il primato è dell’amore di Dio e l’adesione di Maria alla volontà dell’Altissimo fa da sfondo al mistero adorabile dell’incarnazione di Dio.
Se il primato è sempre di Dio, la risposta della creatura è sempre indispensabile. Nel dialogo d’amore, al sì di Dio risponde il sì di Maria e, come lei, il sì di ogni uomo e ogni donna. Il racconto dell’annunciazione, con la presenza tenera e leggera del messaggero divino, ci convince che tutta la vita cristiana è centrata su questo mistero perché va rivissuto l’atteggiamento di Maria che col suo "Sì", ha attratto Dio nel mondo. Dopo infiniti drammi, secondo l’immagine dello sposalizio, finalmente lo sposo (Dio) trova la sposa (Maria) del suo cuore ed è abbracciato da chi egli ama.
Il Vangelo apre e chiude con l’angelo: giunto da Dio, riparte da Maria. Che lo Spirito ci dia occhi per vedere e orecchie per sentire queste presenze di Dio nella vita di ogni giorno. Che ad ogni grido di uomo un angelo possa portare il soccorso e la consolazione della presenza di Dio che ci dice: "Eccomi!". E che ad ogni invito di Dio un angelo possa riportargli la nostra risposta, umile e sincera, come quella della Madre immacolata, Madre di Dio e madre nostra: "Eccomi!".
Una parola sulla verginità di Maria, sulla sua Immacolata Concezione. Già nell’Antico Testamento Dio si era rivolto a coppie di anziani (due fra tutte: Abramo e Sara, Zaccaria ed Elisabetta) donando loro, miracolosamente, un figlio, un futuro. Ora, nella "pienezza dei tempi", Dio si rivolge ad una "vergine" e porta in dono non un figlio, ma Lui stesso si dona a lei facendosi suo figlio. E il Figlio di Dio è il futuro assoluto della storia che supera infinitamente ogni attesa dell’uomo. La verginità di Maria ci ricorda che ciò che nasce da lei è puro dono di Dio, grazia infinita e inaudita. Ma la verginità di Maria è anche simbolo della povertà radicale della creatura: solo questa povertà è capace di contenere l’assoluto di Dio. La verginità di Maria è l’espressione della sua fede. E quando la grazia divina incontra la fede dell’uomo si rinnova il miracolo dell’incarnazione e Dio torna nelle vicende della storia umana.
Vivere l’attesa del miracolo del Natale è vivere di fede; la fede nella parola che – quotidianamente – Dio ci invia perché possiamo accoglierlo.
"L’adolescenza di Miriam/Maria smette da un’ora all’altra. L’annuncio le ha messo il figlio in grembo. Qui c’è la storia di una ragazza, operaia della divinità, narrata da lei stessa. Qui c’è l’amore smisurato di Giuseppe per la sposa promessa e consegnata a tutt’altro. Miriam/Maria, ebrea di Galilea, travolge ogni costume e legge. Esaurirà il suo compito partorendo da sola in una stalla. Ha taciuto. Qui narra la gravidanza avventurosa, la fede del suo uomo, il viaggio e la perfetta schiusa del suo grembo. La storia resta misteriosa e sacra, ma con le corde vocali di una madre incudine, fabbrica di scintille" (Erri De Luca).
Angelo Sceppacerca