Domenica 16 ottobre

Is 45,1.4-6; 1Ts 1,1-5; Mt 22,15-21

Gli oppositori vogliono mettere in difficoltà Gesù con la questione se pagare le tasse al sopruso di un potere straniero. A tendergli il laccio sono i farisei e gli erodiani, due gruppi politici in lotta tra di loro, ma uniti contro Gesù. Volevano coglierlo in fallo e Gesù, che lo ha capito, risponde: "Ipocriti, perché volete mettermi alla prova?". Proprio la delegazione nascondeva il trabocchetto. I farisei erano dei nazionalisti, ostili al potere romano; gli erodiani, al contrario, erano collaborazionisti. Gesù si tiene libero di fronte al potere romano, come pure al nazionalismo giudaico e risponde con una frase lapidaria che ha lasciato un segno nella storia: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio!".

La moneta è il simbolo del potere. Immagine e iscrizione ne sono la prova. L’area del dominio di un imperatore o re coincideva con l’area in cui avevano corso le sue monete. Gesù risponde indicando proprio l’icona di Cesare, ma distingue ciò che va restituito a Cesare da ciò che va restituito a Dio: se le monete sono per le tasse, la nostra persona appartiene a Dio perché ne siamo l’immagine e la somiglianza. A nessun’altro possiamo cedere il volto della nostra esistenza, la ragione del nostro essere figli di Dio. Per l’immagine di Dio che è in ogni persona anche l’esistenza più piccola, fragile e ferita ha un valore supremo, unico, assoluto.

Non è lo scontro tra l’idolatria politica e la religione civile, su chi delle due abbia il sopravvento sull’altra; nemmeno l’indicazione di una loro pacifica armonia. "Rendete" sta per "restituite" e dice che c’è un confine tra quello che va restituito all’uno o all’altro. Quelli di Cristo non sono assenti o ribelli di fronte alle regole civili, ma nemmeno attribuiscono a Cesare quello che è solo di Dio: l’adorazione e il rispetto della sua immagine che è impressa in ogni persona umana.

Non più o Cesare o Dio, ma l’uno e l’altro nel suo piano. È l’inizio della separazione tra religione e politica, fino ad allora inscindibili presso tutti i popoli e regimi. Cesare e Dio non sono sullo stesso piano; anche Cesare dipende da Dio e deve render conto a Lui. Prima che agli uomini bisogna obbedire a Dio e alla coscienza che Dio ci ha dato collaborando sui valori comuni: la famiglia, la difesa della vita, la solidarietà con i più poveri, la pace. Evitando il perpetuo litigio, riportare nei rapporti sociali maggiore rispetto del prossimo, dignità.

Angelo Sceppacerca