Domenica 4 settembre

Ez 33,1.7-9; Rm 13,8-10; Mt 18,15-20

A commento di queste parole di Gesù, prima di tutto, diamo voce al Papa. "Quanta fiducia e quanta speranza infondono queste parole del Signore Gesù! In particolare, esse spronano i cristiani a domandare insieme a Dio quella piena unità fra di loro, per la quale Cristo stesso, con accorata insistenza, pregò il Padre nell’Ultima Cena. Si capisce bene, allora, quanto sia importante che noi cristiani invochiamo il dono dell’unità con perseverante costanza. Se lo facciamo con fede, possiamo essere certi che la nostra richiesta sarà esaudita. Non sappiamo come, né quando, perché non spetta a noi conoscerlo, ma non dobbiamo dubitare che un giorno saremo ‘una cosa sola’, come Gesù e il Padre sono uniti nello Spirito Santo" (Benedetto XVI, Angelus, 2006).

Poi ad una donna che vi ha costruito intorno un popolo, intere cittadelle, università e imprese. "Se siamo uniti, Gesù è fra noi. E questo vale. Vale più d’ogni altro tesoro che può possedere il nostro cuore: più della madre, del padre, dei fratelli, dei figli. Vale più della casa, del lavoro, della proprietà; più delle opere d’arte d’una grande città come Roma, più degli affari nostri, più della natura che ci circonda con i fiori e i prati, il mare e le stelle: più della nostra anima! È lui che, ispirando i suoi santi con le sue eterne verità, fece epoca in ogni epoca. Anche questa è l’ora sua: non tanto d’un santo, ma di lui; di lui fra noi, di lui vivente in noi, edificanti – in unità d’amore – il Corpo mistico suo. Ma occorre dilatare il Cristo; accrescerlo in altre membra; farsi come lui portatori di Fuoco. Far uno di tutti e in tutti l’Uno! E allora viviamo la vita che egli ci dà attimo per attimo nella carità. È comandamento base l’amore fraterno. Per cui tutto vale ciò che è espressione di sincera fraterna carità. Nulla vale di ciò che facciamo se in esso non vi è il sentimento d’amore per i fratelli: che Iddio è Padre e ha nel cuore sempre e solo i figli" (Chiara Lubich).

Cosa aggiungere? Poco. Nell’amore reciproco c’è il coinvolgimento di ogni cristiano nel potere della misericordia divina. Il fratello non può essere abbandonato; anche nel rifiuto, resta il lontano da amare. L’unità fra noi è potenza che esaudisce perché attira Dio nelle nostre storie. Ma è anche la formidabile lente per leggere l’universale volontà salvifica del Padre, per cui crollano tutti i muri e saltano tutte le frontiere, di ogni tipo: ognuno, sulla faccia della terra, è un candidato all’unità. È un dogma di fede, come lo è l’unità e trinità di Dio.

Esagerato? Come lo era Origene (Contra Celsum, 8, 18) che opponeva a tutte le altre, la vera e autentica immagine di Dio: l’uomo. Nessun paragone possibile tra il Zeus Olimpico scolpito da Fidia e l’uomo plasmato a immagine di Dio creatore. Se tale è l’uomo, ancora più santa è la ecclesia, "perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro".

Angelo Sceppacerca