“Venire a Pompei significa venire a una scuola, quella di Maria dove si apprende che cos’è la fede, si impara a pregare e a dilatare il cuore nella carità. Pompei è anche una palestra che ci permette di uscire da una pigrizia spirituale e da una visione della vita arrotolata su se stessa. Qui il respiro di Dio genera la pace interiore, rinnova la speranza, fa comprendere che la fede non è estranea alla storia della vita e a quella del mondo”. Lo ha sottolineato, ieri mattina, il card. Fernando Filoni, gran maestro dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, nell’omelia della messa, che ha preceduto la recita della supplica alla Beata Vergine del Rosario, sul sagrato del santuario mariano, a Pompei.
Per il porporato, “Maria maestra della fede ci comunica” il “senso del nostro vivere, mentre il nostro tempo passa segnato da peccati, violenze, da tante tristezze e contraddizioni”. Nel rosario “Maria si unisce alla nostra cadenzata preghiera, sostenendoci nelle afflizioni e nei mali che ci rattristano: quante guerre e violenze fratricide che rendono infelici anche gli stessi sopravvissuti, quante distruzioni; pensiamo alla fame e alle povertà che abbrutiscono e umiliano, guardiamo alle famiglie divise e lacerate per sempre; e che dire della droga che uccide, del consumismo che annebbia la vista, delle tante malattie che ci fanno soffrire? La radice di tutte queste tristezze è nella finitezza umana, ancor più dolorosamente percepite lì dove manca il senso dell’eternità”. Ma “Maria educa all’eternità, ci incoraggia ad alzare lo sguardo e il cuore verso Dio e ci insegna a pregare”.
Il cardinale ha ricordato che “alla scuola di Maria si apprende anche la carità. La carità dilata il cuore, lo rende sensibile”. E il mistero della carità continua: “Qui a Pompei questo mistero è ben vivo e presente”, ha evidenziato il porporato, confessando di essere rimasto “favorevolmente sorpreso”, visitando sabato a Pompei alcune opere sociali, “di vedere come, attorno a questo santuario, albero sotto cui tanti vengono a trovare rifugio, ci siano così splendidi fiori”. E ha aggiunto: “Le opere di carità attorno a questo santuario parlano di una moltiplicazione senza fine: di una lunga mensa per i poveri, di asili per madri e bambini in difficoltà, di centri per il recupero dalle dipendenze più distruttive e di accoglienza di migranti che giungono attraversando pericolosamente il Mediterraneo. La carità qui è poliedrica secondo l’intuizione del beato Bartolo Longo”, di cui si celebra oggi, 5 ottobre, la ricorrenza liturgica e quest’anno il 40° anniversario della beatificazione.