Una cosa è essere a fianco del proprio “popolo” per interpretarne il “sentire”, un’altra cosa è il “populismo”. A insistere su questa distinzione è il Papa, che nella “Fratelli tutti” spiega: “Ci sono leader popolari capaci di interpretare il sentire di un popolo”, ma ciò “degenera in insano populismo quando si muta nell’abilità di qualcuno di attrarre consenso allo scopo di strumentalizzare politicamente la cultura del popolo, sotto qualunque segno ideologico, al servizio del proprio progetto personale e della propria permanenza al potere”. Altre volte, invece, “mira ad accumulare popolarità fomentando le inclinazioni più basse ed egoistiche di alcuni settori della popolazione”. Ciò si aggrava, per il Papa, “quando diventa, in forme grossolane o sottili, un assoggettamento delle istituzioni e della legalità”. “I gruppi populisti chiusi deformano la parola ‘popolo’”, il monito di Francesco, “poiché in realtà ciò di cui parlano non è un vero popolo”, perché la categoria di “popolo” è aperta. “Un’altra espressione degenerata di un’autorità popolare è la ricerca dell’interesse immediato”, in base alla quale “si risponde a esigenze popolari allo scopo di garantirsi voti o appoggio”. No, allora, al “populismo irresponsabile”, ma anche all’accusa di populismo “verso tutti coloro che difendono i diritti dei più deboli della società”.