È entrata in Guatemala la carovana di circa 3mila migranti honduregni partita da San Pedro Sula lo scorso 1° ottobre. La rotta, pur non inedita, è alternativa rispetto a quella solitamente tenuta dalle altre carovane. I dipartimenti interessati sono quelli di Izabal, nell’est del Paese, e del Petén, nel nord, con l’obiettivo di entrare in Messico attraverso la frontiera con lo Stato messicano del Campeche, come conferma al Sir padre Juan Luis Carbajal, direttore della Pastorale della Mobilità umana della Conferenza episcopale guatemalteca. Evitata, invece, la rotta che porta a Città del Guatemala e, successivamente, alla frontiera con lo Stato messicano del Chiapas.
Rispetto alle prime notizie circolate, padre Carbajal precisa che le Case del Migrante che dipendono direttamente dalla Chiesa guatemalteca stanno facendo il possibile per dare una risposta di accoglienza e assistenza ai migranti provenienti dall’Honduras. In una nota, la Pastorale della Mobilità umana chiede a tutti i soggetti coinvolti (organismi internazionali, corpi umanitari, autorità) di fare il massimo sforzo per assistere le persone, in maggioranza giovani, donne e minori, che compongono la carovana, e per garantire, al tempo stesso, la sicurezza sanitaria di tutti. In particolare, alle autorità migratorie del Paese vengono chieste “azioni giuste e umanitarie, in conformità con gli Accordi e i Trattati internazionali”, garantendo “adeguata protezione alle persone migranti e alle loro rispettive famiglie”. Come Chiesa, precisa la nota, “abbiamo attivato particolari interventi di assistenza e azioni di monitoraggio, a partire dai nostri spazi di protezione lungo l’itinerario (Case del migrante e uffici informativi), rispettando le disposizioni governative di prevenzione e protezione anti-Covid. Ribadiamo la nostra piena disponibilità al dialogo, all’apporto costruttivo e al coordinamento, nell’ambito della nostra missione umanitaria”.
Anche se questa è la prima grande carovana che si muove dopo la diffusione della pandemia anche in America Centrale, la Pastorale della Mobilità umana sottolinea che “questi movimenti non sono una novità, anche in tempi di quarantena e nonostante le restrizioni relative alla mobilità interna e alla chiusura delle frontiere, constatiamo che piccole caravane, invisibili e silenziose, composte da persone centroamericane, o provenienti dai Caraibi e da altri Continenti (africani, cubani e haitiani, tra gli altri) hanno continuato a entrare, a transitare e ad attraversare le frontiere in tutto il territorio centroamericano. La nota denuncia la “mancanza di un approccio integrale da parte dello Stato, che includa risposte umanitarie e non solo gli obiettivi di contenimento, dinamica processuale e sicurezza nazionale”. Infine, viene rivolto un appello a evitare qualsiasi tipo di “maltrattamento, violenza e discriminazione verso le persone in cammino”.